Approda in Italia venerdì in 450 copie distribuito da Bim, dopo il successo ottenuto nei Paesi scandinavi, con un incasso di 27 milioni di euro oltre al risultato positivo in Francia, il thriller Uomini che odiano le donne, di Niels Arden Oplev, tratto dal primo dei tre romanzi del giornalista svedese Stieg Larsonn. Successo annunciato dopo il caso editoriale della trilogia Millenium (oltre a Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta,) edita in Italia da Marsilio. Abbiamo cercato di trasmettere il messaggo politico di Larsonn – spiega il regista ai giornalisti dopo la proiezione del film – per questo nella costruzione del personaggio del giornalista ci siamo rifatti alla biografia dell’Autore, pensando soprattutto all’ottima qualità senza farci distrarre dalle aspettative.E le aspettative, infatti, sono state disattese perchè se avete amato il romanzo, la delusione per il mancato tentativo del regista di portare sullo schermo il successo editoriale di Stieg Larsson sarà cocente. La storia di Mikael Blomkvist (Michael Nyqvist) giornalista impavido e della hacker Lisbeth Salander (Noomi Rapace) risulta piatta e decisamente troppo lunga (152 minuti), quasi un copia-incolla inserito in una realtà che vuole essere di denuncia sociale: La priorità – continua il regista – era rispettare il messaggio politico di Larsson, stigmatizzare come la società contemporanea sia ancora tanto violenta contro le donne “, ma tradisce inesorabilmente il mancato approfondimento della psicologia dei personaggi (dove sei Larsonn?).Dal personaggio di Mikael Blomkvist, infatti, non emerge la personalità del giornalista che finisce in prigione per diffamazione di un ricco uomo d’affari che l’ha incastrato. Quanto a Lisbeth la scelta di renderla un personaggio complesso ma compresibile, spiega la promettente Noomi Rapace, quindi più reale rispetto al libro dove è l’eroina che non si arrende, che reagisce alla violenza con la violenza e risorge sempre, ha svilito il ruolo della protagonista consegnandolo allo stereotipo della ragazza maltrattata e ferita dalla vita.Una pellicola nata sotto ottimi auspici. Ho letto il libro, racconta il regista, era molto interessante ma non lo vedevo come un giallo. Lo vedevo piuttosto come un film drammatico a sfondo poliziesco, con personaggi forti e originali che crescevano nel corso della storia. La storia della tormentata e ribelle Lisbeth e del giornalista senza paura Blomkvist mi ha subito conquistato. Ho detto a Sören che avrei fatto il film, ma solo se avessi avuto il controllo artistico sul cast, la sceneggiatura, la lunghezza, il montaggio e tutto il resto. Mi sembrava una condizione indispensabile per poter girare una pellicola di successo, tratta da un libro così popolare. Dovevo poter essere libero di prendere tutte le decisioni necessarie per realizzare il film migliore possibile. Promesse, non mantenute, per un film (se di film si può parlare, a noi sembra più una produzione televisiva) che del romanzo di Larsonn ha solo il titolo.