Oriana Fallaci decise di scrivere una grande saga sulla sua famiglia che, a partire dal XVII o XVIII secolo, giunge fino alla sua infanzia, attraversando tutti i “passaggi nel Tempo” che le consentirono di venire al mondo: scavò, infatti, verso un passato sempre più lontano e del quale fu sempre più difficile reperire informazioni, date, atmosfere e contesti storici.
La ricostruzione di quelle storie, discendenti e dipendenti inesorabilmente dalla Storia reale, quindi, richiesero alla Fallaci l’uso delle voci di suo padre e sua madre: i racconti che i suoi genitori le narrarono dei rispettivi antenati. Dove non arrivò con precisione, riportando alla mente i racconti dei genitori, si servì della Storia, che corse a soccorrerla e ad aiutarla a creare nuove corrispondenze, nonché cornici in cui ambientare le sue narrazioni. La scrittrice adoperò, poi, il filtro stesso della narrazione, quando neppure i libri, gli archivi, gli “Status Animorum” e la consulenza di esperti furono sufficienti a “riportare in vita” un suo avo: il viso, il carattere, il quadro che la mente della Fallaci dipinse, creò come un abile artista, intorno a lui.
Il racconto di Oriana, così, si dirama dalla Toscana, a Panzano, nel 1773, descrivendo il primo anello rintracciabile della catena che la generò, ma spiegando come in quella situazione corse “il rischio più atroce che possa capitare a chi ama la vita e pur di viverla è pronto a subirne tutte le catastrofiche conseguenze: il rischio di non nascere”.
Tante storie piene, “sommamente romanzesche”, dunque, si intrecciarono per ricreare cornici e personaggi lontani nel tempo, conservando però nel profondo le tracce del carattere di Oriana: passando dal biondo toscanaccio Carlo Fallaci e da sua moglie Caterina Zani, donna di campagna dalla quale la Fallaci ereditò il temperamento ribelle e stravagante, nonché la sete di cultura, a Montserrat, ragazza bella ma debole, in cui Oriana non ritrovò alcuna stilla del proprio sangue, e a Francesco Launaro, che visse nella speranza di vendicare la morte del padre ucciso dai pirati algerini; riparte, poi, nella terza parte, con Giobatta Cantini, anarchica che donò a Oriana il desiderio di lottare per la libertà, fino ad arrivare ad Anastasìa Ferrier, donna stupenda, fuori degli schemi, capace di emanciparsi al punto di abbandonare a Cesena la figlia concepita con un aristocratico misterioso, l’Innominato, e di lasciare l’Italia per quattordici anni, trasferendosi da sola in America.
La scrittrice, quindi, descrive vicende di un tempo passato e lontano, ma abili a fornire nuovi contorni ad una grande varietà di luoghi, quali, in Italia, il Chianti, Firenze, Livorno, Pisa, Torino e le valli valdesi, Rimini, Venezia, Cesena, oltre alla Spagna, alla Polonia, a New York, allo Utah ed a San Francisco, nonché storie capaci di far rivivere una miriade di personaggi in bilico tra ricostruzione storica e mera creazione della fantasia. TITOLO: UN CAPPELLO PIENO DI CILIEGEAUTORE:ORIANA FALLACI EDITORE: RIZZOLI
COLLANA: OPERE DI ORIANA FALLACI
PAGINE: 864
PREZZO: 25,00 Euro
ANNO PRIMA EDIZIONE: 2008
ISBN: 17027816