Irvine Welsh è uno di quegli scrittori che si attaccano ruvidi sotto la pelle. Provi a toglierteli di dosso, ma rimangono lì, a darti prurito. Irvine Welsh è uno di quegli scrittori che ha un sito web sul quale si scusa subito, appena accedi in Home Page, sì: lui si scusa di non poter rispondere a tutte le lettere, sceneggiature, bombe e biancheria intima che riceve e dice che era abituato a farlo, prima, ma adesso non ne ha proprio il tempo, ha un sacco di altra roba che lo impegna. Trainspotting è il suo primo romanzo. Un pugno di eroinomani alcolizzati, violenti, a volte, a volte innocenti come angeli o bambini. Eppure così vicini a noi, così reali. Ti sembra di conoscerli tutti: Rents, Sick Boy, Spud, Begbie, Tom, Matty, Davie, Alison. Accomunati dall’alienazione di fronte alla vita, persi tra avventure tragicomiche, Aids, tradimenti, risse, rabbia e speranza in una nuova esistenza. Primo romanzo. Forse il migliore, forse no. Qualcuno ci ha girato un film. Correva l’anno 1996. Ne erano passati tre da quando uno sconosciuto scozzese di Edimburgo aveva dissepolto dei vecchi diari dalla polvere, per darli alle stampe. Era nato un nuovo genere, un nuovo modo di scrivere, rozzo e sboccato, forse, ma rivoluzionario. E, nonostante questo, capace di riprendere la tradizione letteraria più innovativa, europea e non, a partire dal miglior Faulkner, quello de L’urlo e il furore, per intenderci; uno scozzese capace di utilizzare la molteplicità dei punti di vista all’interno dello stesso romanzo senza cadere nella tortuosità di Joyce o nell’intimismo della Woolf. Leggere Trainspotting ora è come leggere un pagina di storia senza timore di essere interrogati il giorno dopo, perché si ha in mano un libro che parla della disperata necessità di attribuire un senso alla propria esistenza, un bisogno che chiunque ha provato almeno una volta nella vita. Un gruppo di tossici, quindi, come sono definiti nello stesso romanzo, le loro avventure e l’eroina – o qualunque altra cosa riesca a fornirci un rifugio dal mondo: sta solo a noi dare un nome alla droga. Trainspotting è il suo primo romanzo, si è detto. Per fortuna, non l’ultimo.