Dopo il prestigioso premio internazionale dell’Unesco-L’Oréal For Women in Science, assegnato a 15 giovanissime ricercatrici under 30 e vinto quest’anno anche dall’italiana Marina Faiella, “Io donna” è andato a scovare le eccellenze femminili under 35 della scienza italiana. E nel numero in edicola sabato 6 aprile racconta le loro storie e i perché della loro scelta controcorrente: restare, o tornare, a lavorare in Italia. Come Ilaria Cacciotti, ingegnere medico 32enne dal curriculum sterminato: «La borsa di studio di 15mla euro è finita un anno fa. Ora attendo un nuovo assegno. Ho anche integrato dando ripetizioni. Ma la precarietà non mi fa scappare all’estero: la qualità della ricerca da noi è alta e finché si può è giusto restare». Più stabile Zaira Cattaneo, ricercatrice in Psicobiologia a Milano-Bicocca, che si è permessa il lusso di dire di no a una chiamata da Harvard: «Sono entrata a tempo indeterminato in Italia. La mia giornata? Inizia alle 6.30, porto il mio bimbo al nido, prendo il treno da fuori Bergamo e arrivo al lavoro dopo due ore. È faticoso. Come reggo? Bevo tanta Coca-Cola». «La mia posizione è permanente, ma fare questa attività in Italia è difficile per l’insufficienza di finanziamenti: servono determinazione e sacrifici», dice Miriam Vitiello, fisica lucana di 33 anni, ricercatrice del Cnr che ha vinto un grosso finanziamento ministeriale Firb “Futuro in ricerca”. Altre si affidano a finanziamenti privati, per continuare con la ricerca: Fabiola Munarin è diventata un po’ imprenditrice per promuovere il progetto di un gel con cellule staminali e trovare l’aiuto di un’azienda. Ma nonostante le difficoltà, nessuna si è pentita: «I cervelli brillanti devono restare, sennò l’Italia non ha speranze», dicono.