Il sale è entrato massicciamente nell’alimentazione dell’uomo fin dalla preistoria. No, non ci si rese conto di averne una necessità. Piuttosto, in molte parti della terra, uno dei primi metodi di conservazione della carne e dei pesci fu proprio il trattamento sotto sale. E fu così che si sviluppò il gusto per i cibi salati che ci porta, ancora oggi, a considerare poco appetitosi i piatti che ne contengono poco.

Anche se nel mondo moderno altre tecniche – dalla sterilizzazione alla surgelazione – hanno sostituito in buona parte gli antichi metodi di conservazione, non abbiamo mai smesso di gradire cibi prodotti tradizionalmente con questa sostanza conservante, come i formaggi stagionati; ne mangiamo in quantità nei cibi pronti per il consumo e continuiamo ad aggiungerne nei piatti preparati a casa. E, chi più chi meno, eccediamo tutti nel consumo di cloruro di sodio rispetto alle reali esigenze del nostro organismo.

Meno, ma sempre troppo
Negli anni, l’Istituto Superiore di Sanità ha effettuato più ricerche sull’assunzione di sale. Ha potuto così verificare che gli italiani hanno ridotto il consumo medio di circa il 12% in 10 anni. Considerando che il limite definito dall’OMS è di 5 g al giorno, l’assunzione media giornaliera è passata da 10,8 g negli uomini e 8,3 g nelle donne nel 2008-2012 a, rispettivamente, 9,5 g e 7,2 g nel 2018-2019. Il monitoraggio, disponibile online sulla rivista scientifica Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases, è stato promosso e finanziato dal Ministero della Salute – Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), e condotto dal Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino-metaboliche e Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

“Nello studio – spiega la dottoressa Chiara Donfrancesco, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, responsabile dell’indagine – i campioni di popolazione coinvolti riguardano, per ogni periodo, circa 2.000 uomini e donne di età compresa tra i 35 e i 74 anni residenti in 10 Regioni italiane, distribuite tra il Nord, il Centro e il Sud Italia: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia”.

La riduzione è stata rilevata, in misura diversa, in quasi tutte le Regioni esaminate e in tutte le classi di età, categorie di indice di massa corporea (normopeso, sovrappeso, obesi) e livelli di istruzione, e corrisponde a oltre un terzo rispetto all’obiettivo del 30% indicato nel Piano d’azione globale dell’OMS da raggiungere entro il 2025.

Guardando i dati relativi alle Regioni, i consumi più bassi sono stati riscontrati, per le donne, in Liguria, Toscana, Abruzzo, Basilicata e Puglia, mentre per gli uomini in Liguria, Abruzzo e Puglia; i più alti, per gli uomini in Piemonte e Sicilia, per le donne in Sicilia.

Come limitarne il consumo?

  1. Eliminate la saliera da tavola.
  2. Salate l’acqua della pasta negli ultimi minuti di cottura: il sale si assorbe solo in superficie, così dà gusto ma ce n’è meno.
  3. Mangiate pane poco salato: con il pane, infatti, si assume una quota notevole di sodio.
  4. Riducete il consumo di formaggi stagionati (e di salumi, se li mangiate).
  5. Limitate al massimo il consumo di snack salati (patatine, popcorn, salatini).
  6. Condite insalate e ortaggi con poco o niente sale: se diminuite gradualmente il sale – e aggiungete invece cibi naturalmente saporiti, come semi tritati e frutta secca – il gusto si abitua con più facilità.
  7. Utilizzate erbe, spezie e gomasio per insaporire.