I britannici hanno anche stavolta voluto differenziarsi dal resto del mondo: è un’iniziativa della Official UK Charts Company, l’organo che presiede la compilazione delle classifiche musicali e ne garantisce le regole, quella destinata a segnare in maniera indelebile il mercato discografico mondiale.
D’ora in avanti, infatti, si dovrà tener conto anche dei file scaricati sul web, oltre che dei cd materialmente acquistati in negozio, e la classifica delle canzoni più vendute nel Regno Unito sarà ottenuta aggregando i dati provenienti dalla commercializzazione di musica in entrambe le forme di consumo.
Insomma, il mondo virtuale più così virtuale non è, e anche l’impalpabile scambio musicale che avviene su internet diventa un criterio fondamentale per stabilire il successo di un pezzo.
Più che di rivoluzione, tuttavia, si dovrebbe parlare di cosciente presa d’atto di un fenomeno che già da tempo ha radicalmente modificato la fruizione dei pezzi: già il mercato dei “singoli” è passato dai 32 milioni del 2004 ai 65 milioni di copie vendute nel 2006, con 13 milioni di cd venduti a fronte di circa 52 milioni di canzoni scaricate dal web. Sono dunque i numeri stessi ad aver determinato il cambiamento di rotta deciso dai britannici.
In quanto presa d’atto di uno status quo preesistente la direttiva della UK Charts non porterà a radicali mutamenti. Da un lato continuerà ad espandersi vorticosamente il consumo virtuale di musica soprattutto da parte dei più giovani, che rispetto a chi, più adulto, rimane affezionato al caro vecchio “album”, amano riempire i propri i-pod dei pezzi più svariati; dall’altro sarà il consumatore e non più la casa discografica, a sancire il decollo di un pezzo.
E potrà succedere che in testa alle classifiche del terzo millennio si troveranno intramontabili miti come i Beatles, ormai fuori dal mercato dei singoli ma radicati nella memoria e tramandati di generazione in generazione.