Dimentichiamoci le risate fragorose e i siparietti esilaranti da commedia brillante: The Miracle Club ci prende per mano e ci accompagna in un pellegrinaggio che ha poco di mistico e molto di profondamente umano. Diretto da Thaddeus O’Sullivan, questo film ambientato nella Dublino del 1967 racconta la storia di un ritorno, di un lutto e di una riconciliazione a lungo rimandata.
Il ritorno di Chrissie e le ferite del passato
Tutto comincia con il ritorno di Chrissie (una misurata e intensa Laura Linney) nella casa della sua infanzia per il funerale della madre. È un rientro che pesa come un macigno: sono passati quarant’anni, ma i nodi del passato non si sono mai sciolti davvero. L’accoglienza è fredda, tesa. A incrociare lo sguardo di Chrissie ci sono Lily (Maggie Smith, sempre incantevole e mai prevedibile) e Eileen (una sorprendente Kathy Bates), custodi di un’amicizia interrotta da un trauma che ha spezzato vite e legami.
La morte prematura di Declan, figlio di Lily e grande amore giovanile di Chrissie, è il fantasma che aleggia su tutto il film. Non si vede mai, ma è presente in ogni sguardo, in ogni pausa troppo lunga tra le parole. Ed è proprio questo non detto, questa memoria taciuta, che il film cerca di scrostare un pezzetto alla volta.
Lourdes come occasione, non come miracolo
Il pretesto narrativo – un pellegrinaggio a Lourdes vinto da alcune donne della comunità – potrebbe far pensare a un film edificante, in cerca di miracoli. E invece The Miracle Club ha l’intelligenza (e il coraggio) di spostare l’attenzione: non conta tanto la guarigione miracolosa di un bambino, quanto la possibilità per queste donne di guardarsi finalmente in faccia, dopo anni di silenzi e rancori.
Il viaggio, ovviamente, è anche fisico: si parte con valigie traballanti e battute taglienti, ma si approda a un confronto sincero, fatto di verità dolorose, piccoli gesti e abbracci ritrovati. Lourdes non salva, ma permette di aprire una breccia nei cuori induriti. Ed è già molto.
Cast stellare che regge anche i cliché
Diciamolo: The Miracle Club non è un film perfetto. La sceneggiatura inciampa più volte, l’ambientazione irlandese è un po’ da cartolina e i cliché si sprecano – tè caldo, preti bonari, mogli pazienti e mariti ruvidi. Ma chi se ne importa, quando hai un cast così?
Maggie Smith, quasi novantenne, è una presenza magnetica. La sua Lily è un concentrato di ironia, saggezza e dolore. Kathy Bates torna in gran forma e ci regala una Eileen credibile e struggente, mentre Laura Linney dosa con maestria misura e malinconia, nel ruolo più introspettivo. Anche Stephen Rea, sebbene irriconoscibile, riesce a dare corpo a un marito vecchio stile che, dietro i brontolii, nasconde più affetto di quanto voglia ammettere.
Il miracolo, se c’è, è nella tenerezza
The Miracle Club è un film che non ha la pretesa di innovare, ma che sa parlare di sentimenti con delicatezza. Si muove su territori sicuri, certo, ma lo fa con grazia e con il tocco rassicurante di un tè condiviso tra amiche che, nonostante tutto, si scelgono ancora.
È un racconto tutto al femminile, dove il perdono non è una parola retorica ma un processo lento, faticoso, umano. Il vero miracolo non arriva da Lourdes, ma dalla capacità di tornare a guardarsi con occhi nuovi, di attraversare il dolore senza restarne prigioniere. Una piccola storia, con un cuore grande.