“La psicologia serve alla scuola”: questa la motivazione che orientò nel 1969, a seguito di una delibera del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, la nascita in Italia del primo corso di laurea in psicologia. Di questo nuovo modo di cogliere le aspettative e le esigenze della società italiana si era fatto interprete Padre Valentini ma da allora l’immobilismo politico e culturale ha lasciato del tutto disattesa quell’obiettivo che doveva contribuire ad un rinnovamento italiano. Le problematiche scolastiche più rilevanti, secondo i dati raccolti dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) in collaborazione con gli Istituti Regionali per la Ricerca Educativa (I.R.R.E.), riguardano principalmente lo scarso impegno nello studio e la mancanza di attenzione durante le lezioni, le difficoltà di relazione che spesso si riscontra tra il corpo docente, gli alunni con necessità didattiche particolari, le difficoltà di tipo organizzativo provocate dalle continue innovazioni e riforme, infine i comportamenti aggressivi e violenti degli alunni.
La presenza di uno psicologo nelle scuole potrebbe essere la strada principale per la prevenzione e la comprensione del disagio giovanile, delle problematiche e delle patologie, oltre che degli stili di vita. Se ne parla da anni, senza risultati: l’Italia è rimasta il solo paese europeo a non avere veri e propri psicologi tra i banchi di scuola. Già la riforma sanitaria del 1978 prevedeva la creazione nelle Aziende Sanitarie locali di equipè psicopedagogiche. In Parlamento giacciono diverse proposte per la creazione della figura dello psicologo scolastico. Negli ultimi tre anni solo due scuole su tre, stando al campione della ricerca, hanno ospitato l’intervento di uno psicologo. “I dati presentati oggi – afferma Giuseppe Luigi Palma, Presidente del CNOP – offrono un quadro molto ricco ed articolato sullo stato della psicologia scolastica in Italia. In assenza di un ruolo istituzionale riconosciuto e di chiari ordinamenti professionali in grado di regolamentare la professione, l’attività psicologica nella scuola si riduce sistematicamente ad un’attività di consulenza, dimenticando le pratiche per lo sviluppo della persona, per l’educazione alla socialità e alla convivenza. Lo psicologo in genere donna e altamente specializzato, interviene nella scuola per far fronte a richieste specifiche ma le scarse possibilità remunerative raramente gli consentono l’obiettivo di una carriera professionale. Molto spesso, inoltre, è la scuola stessa a limitare la possibilità di conoscere da vicino il suo reale funzionamento. L’Italia, stando a questo quadro registra una grave arretratezza culturale nei confronti di quasi tutti i paesi europei dove esiste una legge che prevede l’inserimento dello psicologo nella scuola come figura stabile
e di ruolo”.