Una tragedia – forse l’unica di Shakespeare – in cui il sistema sociale e politico rimane intatto fino alla fine. Non c’è nessuna ribellione armata contro il potere costituito ed è per questa ragione che viene detta “tragedia domestica”. La Venezia del tempo, luogo del magico e dell’esotico, è considerata la porta dell’Oriente: Othello è il simbolo dello straniero, del forestiero, del diverso inserito in una società gerarchica e patriarcale. La guerra è in atto: l’insicurezza interiore dei personaggi del dramma è riflessa nell’insicurezza dello Stato. Siamo in un momento di pieno declino di una grande società mercantile.  Il concetto di “reputazione” e “posizione sociale” in questo momento storico è fondamentale per l’individuo. Ma Othello, perdendo il controllo della propria emotività, perde il potere e il rispetto di tutti, sacrifica la propria importante posizione sociale e si sottrae improvvisamente alla consuetudine di un sistema che affonda le sue fondamenta nella menzogna.  Othello dice la verità, o almeno crede. Desdemona, donna di grande moralità e coraggio è la sua vittima sacrificale. Nella società puritana e moralista dell’epoca, fugge con il Moro, il diverso. Il Bardo trasferisce una fortissima carica sensuale su un essere “diverso” da sé e da ogni inglese del tempo, un essere che viene genericamente definito “il Moro”. Così facendo può liberamente esplorare il regno della carnalità, del “possesso dei corpi”, della gelosia sfrenata, senza colpevolizzazioni da parte del puritanesimo del tempo. Il letto, luogo in cui si nasce, si dorme, si fa all’amore, si giace malati, si muore, diviene simbolo di un voto tradito: Othello, uomo vincente e sicuro di sé, viene persuaso da Iago della malafede di Desdemona. Il Moro semplicemente agisce ciò che Iago pensa. Roma. Silvano Toti Globe Theatre
dal 7 al 14 agosto e dal 18 al 30 agosto ore 21.15
(lunedì riposo)