E’ stato candidato a due premi Oscar per Miglior Attore non Protagonista (Woody Harrelson) e Miglior Sceneggiatura (Alessandro Camon), ed ha vinto l’Orso d’Oro per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Berlino 2009. Un palmarès di tutto rispetto per la pellicola Oltre le regole – The Messenger che segna l’esordio dietro la macchina da presa di Oren Moverman (già sceneggiatore del biopic su Bob Dylan I’m not there). Un film emozionante capace di alternare scene di umorismo ad altre più introspettive e toccanti. Incentrato sul difficile compito di due ufficiali (Ben Foster e Woody Harrelson), impegnati nella notofica delle vittime di guerra alle loro famiglie, Oltre le regole è soprattutto un film sul dolore e sul desiderio di vivere. Intervista a Oren MovermanCom’è nata l’idea per questo film?
Alessandro Camon è il responsabile dell’idea, alcuni anni fa. È un produttore, sceneggiatore ed amico, in una parola il partner professionale ideale. Suggerì di scrivere una sceneggiatura sugli ufficiali dell’esercito incaricati di notificare le vittime di guerra (Casualty Notification Officers) perché nessuno aveva ancora osservato la guerra da quel punto di vista, focalizzando l’attenzione su chi porta le conseguenze della guerra dentro alle famiglie, cioè nelle case che pagano un prezzo diretto, intimo ed eterno rispetto alla decisione di fare le guerre. È un compito impossibile, orribile ma necessario quanto reale e bisogna prenderne atto. L’idea mi intrigava anche come modo personale benché indiretto di gestire i miei demoni del servizio militare. Che ci dice degli attori che avete scelto per questi ruoli così impegnativi dal punto di vista emotivo?
Ben Foster mi ha conquistato in Quel treno per Yuma. È incredibilmente carismatico e profondo e molto “caldo”, anche quando interpreta il nemico. Ma soprattutto è l’unico tra i pochi attori della sua generazione che non cerca di rimanere un ragazzo nel corpo di un uomo. (…) Woody Harrelson ha gradito il copione. Woody è conosciuto per le sue capacità da commediante ma anche per alcuni ruoli intensi. Ma qui aveva una parte che richiedeva di essere all’inizio un militare di professione con le sue psicosi e rigidità e alla fine un uomo emotivo che ha bisogno di trovare un amico nel collega Will. (…) Samantha Morton è un’attrice con cui ho sempre voluto lavorare e quando ha risposto positivamente alla sceneggiatura è stato come una riunione in famiglia. Quali sono le principali cose perse da Will a causa della sua partecipazione alla guerra?
Oltre a danni fisici, le ferite, anche la perdita di amici in combattimento. Ma io penso che abbia perso anche il senso di una progettualità di vita. Era un soldato motivato e il rientro prematuro a casa lo porta a partire praticamente da zero, con un futuro da costruirsi mentre osserva all’indietro il suo servizio militare chiuso velocemente e il tanto tempo libero che non sa come utilizzare. Will non è il tipo di persona che diventa cinico o amaro a causa della guerra, lui cerca una ragione per vivere dopo essere sopravvissuto alla guerra.Che cosa rappresenta il compito di notifica delle vittime di guerra per Will? È il suo nascondiglio o la ricostruzione della sua vita, oppure un limbo a metà strada?
Will è in una sorta di sala d’attesa. È sospeso tra una vita normale e l’inferno da cui è sopravvissuto. La notifica delle vittime è per lui un costante richiamo al fatto che deve scegliere tra continuare a vivere o farla finita e, ironicamente, lo rende più forte portandolo alla fine a scegliere la vita. Il suo ufficiale capo, Tony, e la vedova a cui comunica la notifica, Olivia, sono le persone che lo aiutano ad uscire da quella sala d’attesa.Che cosa voleva che il film dicesse a proposito delle vittime di guerra?
Il tema del film non è propriamente quello delle vittime di guerra. Tratta di persone che restano vive e che devono affrontare la vita dopo la morte dei loro cari. The Messenger dirà una cosa o due sulla guerra, ma penso che al centro di tutto stiano il dolore e il desiderio di vivere, ovvero come far entrare la vita nell’oscurità degli esseri umani, persino di farne ironia. Mostra persone che sono chiamate ad affrontare la morte ma non dal punto di vista politico o strategico, bensì personale. Ritengo che ci siano vittime diverse di guerra e che molte di loro siano proprio i sopravvissuti, tra veterani e famiglie di militari.