Partito dalla riduzione di un racconto originario di Kafka, il testo in teatro diventa una drammaturgia d’attore, subito sensibile a rivendicare al linguaggio della scena, la necessità di accogliere grandi interpreti del cinema che abbiano la capacità di cimentarsi con l’interpretazione, in un percorso comune di recitazione, dilatando una parte di inconscio e lasciandolo poi attraversare dal corpo parlante.
“La prima operazione di regia è stata la conversione del racconto di Kafka in un altro testo – suggerisce l’attore de I cento passi – non che all’inizio si volesse stravolgere la perfezione dello scritto originario. Il fatto è che cercavo di interpretare mimicamente la mia esperienza di intromissione nella costruzione di partenza. Ogni frase simulava un’azione di trivella per sospingermi ed inoltrarmi nel fondo della trappola che Kafka ha disegnato in forma di tana”.
Un adattamento dunque, che diventa possibile nella messa in scena costruita intorno all’uomo e alla sua dimensione personale, una riscrittura ormai lontana dall’immagine iniziale, ma viva di nuovo in un rapporto concreto tra autore ed attore. Un viaggio di 80 minuti filati che è il tentativo di una fuga da sé, all’interno del labirinto tracciato da Kafka per imbrigliare e sovvertire le certezze dei suoi lettori: in pochi centimetri fisici e mentali, il senso di un limite nell’essere misterioso – uomo, animale – che sprofonda in un buco, solo apparentemente sicuro. Il personaggio monologante racconta quindi le vicissitudini, le smanie, le abitudini della sua vita sotterranea mostrando il suo vero volto di segregazione e paura.
La scena dove tutto ciò accade è semplicemente evocata da Nicola Console, scenografo ma soprattutto disegnatore e manipolatore di inquietanti movimenti della natura; come se il protagonista, il personaggio, fosse una creatura di cartone illuminata dalle luci di Roberto Innocenti. Assegnando invece la precedenza ad una moltiplicazione di piani interpretativi, la “trasmutazione” del racconto mantiene il maggior numero di indicazioni e di influenze: un corpo a corpo tra linguaggio e realtà, aperto in un ventaglio di registri critici instaurato dal rapporto con gli spettatori.