Opium
Maxence Fermine
Inghilterra, 1838. Charles Stowe, figlio di un ricco mercante, parte per l’Estremo Oriente alla ricerca del tè più delicato. Nelle Indie scopre l’esistenza del misterioso tè bianco, prezioso e quasi introvabile, prerogativa dell’imperatore cinese e il cui commercio è nelle mani del terribile Lu Chen. Ossessionato dalla bevanda, ma soprattutto dalla bellissima Loan, moglie di Lu Chen, Charles accetta un patto pericoloso: in cambio di un carico di oppio, potrà trascorrere sette giorni in compagnia di Loan, ma se alla fine non avrà la forza di partire abbandonandola, dovrà pagare con la sua vita. In questo viaggio attraverso le vie dell’Asia – da Ceylon a Singapore fino a Hong Kong, risalendo verso Shangai e giungendo infine nel cuore del Celeste Impero – Fermine crea una storia poetica immersa nel segreto dell’antico Oriente e percorre i misteriosi itinerari di guerra e di passione.
La mia Hollywood
Eve Babitz
“Quello che volevo, anche se all’epoca non capivo cosa fosse perché nessuno ti dice mai niente finché non lo sai già, era tutto. O tutto quello che sarei riuscita a ottenere con i mezzi che avevo. Soprattutto volevo una canzone di un certo tipo. Come i profumi, alcune canzoni semplicemente mi stendono. E volevo finire stesa nell’attimo del profumo in cui non senti più niente se non il bagliore. Non dura a lungo, ma per avere tutto devi avere questi momenti di un’importanza così scollegata che il tempo scorre via increspato come un’inquadratura dell’acqua. Senza questi momenti, la festa paradisiaca che ti sei costruito può morire di sete. Sono come dosi di eccitanti, ti rendono più forte. Quando ti riprendi dal bagliore sai che vale i tormenti dell’invidia perché il mistero della vita svanisce appena ti dimentichi della morte, della gente che se la spassa senza di te. Il tempo scorre inosservato e il tempo è l’unica cosa che hai.”
Che hai fatto dei tuoi fratelli?
Claude Arnaud
Inizio anni sessanta, periferia di Parigi. Un palazzone nuovo, il segno del mondo che cambia. Claude è un bambino curioso e timido che ama leggere di nascosto, a letto, la sera, così come fanno i suoi fratelli grandi, immersi in Chateaubriand e Tucidide. Il padre, che vorrebbe coglierli sul fatto, scivola sul pavimento lucido e si spacca il naso. È con una scena insieme buffa, drammatica e simbolica che si apre il romanzo-memoir di Claude Arnaud. Che ha appena tredici anni quando esplode il sessantotto e si getterà nelle braccia della controcultura, cambierà nome e pelle, assaggerà amori di ogni genere e l’estasi delle droghe. Intanto la famiglia si disperde, muore la mamma, Pierre precipita nella follia, Philippe va a fare il giro del mondo. Il vitalismo eccessivo e rischioso di una generazione, il contrasto fra euforia collettiva e drammi personali, la ricerca spasmodica dell’identità sono i temi-chiave di un libro sfaccettato e affascinante, scritto con slancio e precisione.