Con la regia di Loredana Scaramella e la traduzione e adattamento di Loredana Scaramella e Mauro Santopietro, una commedia illuminante sul potere della parola i cui protagonisti sono alcuni soldati che, finita la guerra, cercano di manipolare il destino di chi li circonda secondo i loro desideri, usando le uniche armi consentite in tempo di pace: le parole. Nella messa in scena di Loredana Scaramella resta centrale il senso di coralità e di gioco con una colonna sonora d’eccezione: il ritmo frenetico della pizzica salentina. Parole, parole, parole…Molto rumore per nulla è una commedia invasa da una gioia luminosa resa ancor più accecante da una lama d’ombra cupa che per alcuni istanti l’attraversa. È un apologo illuminante sul potere della parola. È una danza frenetica e trascinante, una storia di anime giovani che sono messe alla prova dal tradimento, e vengono domate dall’intuizione che la vita è in gioco in ogni istante e che ne siamo responsabili. Il titolo racchiude tutti i sensi della favola raccontata. E li nasconde proprio in quel nulla apparentemente inoffensivo. Nothing allude ai mondi figli dell’illusione che governa gli animi in preda alle passioni, come il giovane Claudio, o i cervelli troppo attivi votati a desideri eccessivi, come il maledetto Don Juan. Ma suona anche parente di noting, e proprio l’azione di osservare e spiare mette in moto il sistema di equivoci che porta avanti la storia.  Nulla come un basso continuo contrapposto al suono di mille parole, alla frenesia che spinge gli uomini ad agire, amare, lottare, fantasticare, agitarsi. Questa agitazione, che ha la sua sintesi nell’eccitazione sessuale, sceglie come teatro una casa ospitale, d’estate, al caldo, in Sicilia, un luogo che per Shakespeare certo significava esotismo, sensualità. E così quel nothing, nella sua forma gergale antica, viene anche ad alludere al sesso femminile, attorno al quale tanto rumore si scatena. Don Pedro, Principe d’Aragona, arriva con i suoi capitani. Soldati stranieri, gli Spagnoli tanto invisi all’Inghilterra di Shakespeare.  Truppe d’occupazione. Finito il gioco della guerra, si posano le armi ed inizia il riposo. Gli uomini cedono alla tentazione di giocare agli Dei, cercando di manipolare secondo il loro volere la sorte di chi li circonda attraverso le armi previste dalla pace: le parole. Nei sette giorni che precedono la data stabilita per le nozze tra Claudio ed Ero, pugnali di parole penetrano nel cuore di Benedetto e Beatrice, feriscono la fiducia di Claudio nella fanciulla che dovrebbe sposare, lacerano l’onore della casta Ero e della sua famiglia, spingendo il clima euforico di pausa ed allegria sull’orlo della tragedia.  Ma le parole sono armi magiche e possono anche risanare il danno che hanno provocato. Nella forma sconnessa dei discorsi di un ubriaco e dei resoconti di due guardie che lottano con i suoni ed i sensi ed approdano al nonsense, si trasformano in strumento di giustizia e sciolgono gli equivoci che avevano creato. Usate per difendersi dalle emozioni dell’amore, diventano il mezzo per esprimerlo, dargli forma e renderlo reale. Così, dopo l’euforia della festa interrotta da un lampo di morte, si sopravvive e ci si ritrova ad una doppia festa di nozze, che segna l’inizio di un tempo nuovo: quello della pace vera, in un mondo adulto nel quale si incontrano in equilibrio instabile gioco e serietà, ragione ed emozioni, maschile e femminile, in cui l’eccesso viene tenuto a freno dalla coscienza. Come il funambolo che, camminando sulla corda, per un istante ha visto sotto di sé il vuoto, il nulla. E procede. Ritornare su questo testo dopo quattro anni è una grande gioia. L’energia che comunica, il senso di coralità e di gioco che lo impronta, la complicità a cui sembra invitare pubblico e attori suonano come un grande spunto di riflessione in questi nostri tempi di crisi e conflitti. Sostenuti dalla musica frenetica del Salento, dal lavoro di attori e musicisti e dalla fantasia di Shakespeare, ci auguriamo di tornare ad offrire un appuntamento con un teatro povero, quanto più vicino a quella condizione carnale e diretta di comunicazione che l’ha tenuto in vita fino ad oggi.