Una drammatica vicenda quella raccontata su Raiuno, il crac della Banca Romana, esempio emblematico di un certo malcostume radicato nel nostro Paese che in un contesto di “così fan tutti” porta al convincimento che se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Protagonista Mattia (Giuseppe Fiorello), un giovane giornalista siciliano che si traferisce a Roma dove lavora per un importante giornale. Una velocissima carriera, ambienti raffinati, conoscenze utili ,anche l’amore, poi la scoperta di essere “usato” in un mondo corrotto dove la notizia è schiava del potere.
Romanzo di formazione. così lo definisce Stefano Reali, regista e autore delle musiche ,per spiegare che il film racconta “il percorso di un giornalista che prima sbaglia e poi paga per i suoi errori” Contento Giuseppe Fiorello per l’interpretazione di Mattia ,”un personaggio che mi somiglia e che mi ha permesso, di scoprire quello che non ho studiato prima. Lo scandalo della Banca Romana, continua l’attore, è una fiction in cui credo molto, e spero vivamente che venga accolto dagli spettatori con lo stesso affetto e interesse che ha animato tutti noi durante la realizzazione. Ancora una volta devo dire grazie a Rai Fiction, Albatross e Stefano Reali per avermi dato un’altra grande opportunità per trasformare il mio mestiere di Attore in qualcosa di utile per non dimenticare il nostro passato”. E vediamo questo passato. Tra il 1889 e il 1893, nell’ancor giovane Stato unitario, si assistette al fallimento di alcune importanti banche, che degenerò in una crisi della moralità politica. La corruzione era diffusa in particolar modo nel circuito perverso che legava politica, affari e banche.
Dopo l’unificazione del Regno erano sei le banche autorizzate a stampare moneta. Con una legge del 1874 si cercò di regolamentare le emissioni, ma le banche continuarono a farsi concorrenza tra loro e la vigilanza ad essere completamente assente. Vi fu un incremento della stampa della carta-moneta e già all’inizio del 1889 le banche cominciarono a dare i primi segni di tracollo finanziario, perché gli istituti di credito, non essendo più in grado di far fronte ai propri impegni, iniziarono a sospendere i pagamenti. Quando si verificarono i primi fallimenti bancari si sparse voce che nei conti della Banca Romana vi fossero gravi irregolarità. Il ministro Miceli promosse una commissione d’inchiesta privata, presieduta dal senatore Alvisi, incaricata di stabilire se e quali banche avessero emesso una circolazione superiore a quella consentita. La commissione riscontrò un ingente disavanzo, ma il Governo si oppose alla denuncia pubblica in Senato di quanto scoperto “in nome dei supremi interessi del paese e della patria”.Quello che si volle insabbiare fu l’operato del governatore della Banca Romana, Bernardo Tanlongo, che decise di coprire i vuoti di cassa, frutto di irregolarità come i prestiti concessi a deputati, ministri e costruttori, senza interessi e a fondo perduto. La relazione della commissione di inchiesta scomparve e Tanlongo fu nominato Senatore del governo Giolitti.
La relazione Alvisi però, dopo la morte di questo, finì nelle mani di un giovane economista, Maffeo Pantaleoni, e di un deputato repubblicano siciliano, Napoleone Colajanni, che riuscirono a far sì che lo scandalo sfuggisse al controllo del governo rivelando una situazione ancora più disastrosa.
L’inchiesta del 1894 si concluse però con il proscioglimento degli imputati.Politici, giornalisti, banchieri, in un’atmosfera di corruzione e malcostume, riflettono, dunque, lo spaccato di un’Italia appena nata, “fatta” dagli stessi imputati dello scandalo della Banca Romana.Ammorbidisce il clima negativo, il risvolto sentimentale della storia ambientata in una Roma dalla bellezza sconvolgente e il riscatto finale del protagonista che pagherà in prima persona pur di smascherare i responsabili.