“L’educazione fisica” (GUANDA) di Rosario Villajos è un romanzo che si insinua nell’animo del lettore con la forza di un sussurro che si trasforma in grido. Attraverso il viaggio interiore di Catalina, l’Autore ci conduce in un mondo dove il dolore femminile diventa palpabile, dove le paure e le imposizioni sociali si fondono in un mosaico intricato e opprimente.
Il romanzo si apre con un evento traumatico: un bacio rubato da parte del padre dell’amica di Catalina, durante una siesta estiva. Questo episodio diventa il punto di partenza di un viaggio emotivo attraverso le esperienze della giovane protagonista, mentre fa autostop verso casa sotto un sole implacabile. Ogni pagina è un tassello che si aggiunge alla complessa trama delle sue emozioni, dei suoi conflitti interiori.
Catalina si presenta come un’adolescente fragile, ma allo stesso tempo determinata. La sua armatura di ribellione è fatta di grunge e di felpa larga, ma dietro questa maschera si nasconde una profonda vulnerabilità. I genitori, con le loro paure e le loro aspettative rigide, contribuiscono a plasmare il suo senso di inadeguatezza e di paura verso il mondo esterno. La madre, vittima a sua volta della stessa cultura patriarcale che opprime Catalina, impartisce insegnamenti ambigui, mentre il padre sembra incapace di comunicare con la figlia senza l’intermediazione della moglie.
Il contrasto tra la libertà maschile di suo fratello Pablito e la prigione invisibile in cui Catalina si sente intrappolata è palpabile. Catalina desidera solo la libertà di poter camminare senza paura, senza dover costantemente guardarsi le spalle. La sua gelosia verso gli uomini che possono occupare gli spazi pubblici senza timore è un riflesso delle ingiustizie profonde insite nella società.
Villajos riesce a tessere una narrazione senza tempo, ambientata negli anni Novanta ma profondamente attuale. Il suo stile misurato e essenziale colpisce dritto al cuore, scavando nelle ferite invisibili che affliggono le donne di ogni epoca. È un romanzo che parla alle donne, ma anche agli uomini disposti ad ascoltare, suggerendo che forse c’è ancora speranza per una società dove il rispetto e la gentilezza possano prevalere sulla violenza e sull’oppressione.