Blu. L’eterno simbolo cromatico di tranquillità e pace. Non per la celebre e fiabesca Alice, che, del ceruleo colore, ne scopre le sfumature di follia ed illusioni. Eresia interpretativa della favola di Carroll? No di certo. La fanciulla protagonista de “Le mie mani sono blu”, piéce teatrale scritta da Italo Zeus, e in scena dal 4 all’ 8 novembre al Teatro Campo d’arte, della storia originale ne conserva solo i personaggi, cancellando ogni velo di sogno o magia. Nella moderna rappresentazione, Alice è cresciuta. Non è più la disincantata bimba stupita dalle meraviglie del suo mondo, ma una donna formata, finita, con tutto il bagaglio tipico di allucinazioni e disagi. Visioni riflesse che solo lei, ritenuta socialmente pazza, può percepire dall’interno dello specchio, trappola mentale nella quale si trova reclusa, e ipotetica meta finale del suo viaggio. Tra le sbarre dei pensieri, c’è spazio anzitutto per il Bianco Coniglio, qui guardiano dei numerosi deliri, che provvisto del canonico orologio ormai fermo, ripete la consueta frase: “E’ tardi! E’ tardi!”. Parole ripetute ossessivamente per sottolineare come sia finita l’era dell’innocenza, come sia tardi per continuare a sperare nella purezza. C’è spazio per disfatte duchesse di cuori, pronte solo ad incipriarsi il naso pur di elevarsi da ogni materna responsabilità su figli stregatti che ormai non ridono più. Posizione di rilievo per il Brucaliffo, che si appropria di un intero atto, ironicamente amaro, aggiunto alla passata versione di maggio per alleggerire la drammaticità della piéce. Un bruco che da crisalide si trasforma in verme, dandy ed alcolista, in continua ricerca di sesso e banalità. Feticci, giocattoli, disilluse e perbeniste canzoni anni ’60, colorano di blu le mani di Alice, per mostrarle come le sue, siano solo illusioni che la dura realtà di oggi non contempla.  Un’interpretazione noir, dunque, ben scritta, ben diretta dalla brava Clorinda Venturiello, nelle vesti della protagonista, e magistralmente interpretata anche da Lorenzo Lustri, anima dei restanti personaggi. Una nuova eroina, perfettamente in linea con la società in cui viviamo, sempre più dedita alla superficie che all’essenza, all’omologazione che al sogno. “Non c’è nessun coniglio per salvarti, Alice!”, si sente risuonare più volte. Già. Caro Lewis Carroll, il mondo moderno prevede solo futilità, alcool e lustrini, come vie di fuga. La fantasia è passata di moda. E’ questa la crudele verità.