“La Malattia della Famiglia M è una commedia che ho scritto tra il ’99 e il 2000 su commissione del Premio Candoni – Arta Terme” racconta il regista. “Ho impiegato alcuni mesi a scriverla: invece di partire dall’inizio e precipitare verso la fine in pochi giorni, ho lasciato trascorrere lunghi intervalli di tempo tra una scena e l’altra, rimanendo in placida compagnia dei miei personaggi. Ne è venuta fuori un’opera con un andamento molto morbido, dove i personaggi sono delle persone che si fanno conoscere piuttosto bene, mentre le scene sono soggette a frequenti cambi di registro e denunciano la loro provenienza da momenti diversi” “C’è una storia famigliare che riguarda due sorelle, un fratello, un padre malato e l’assenza di una madre. Questa famiglia ha una malattia, dice il titolo. Forse ne ha più d’una. C’è un padre che vive una malattia clinicamente non specificata che lo sospende dalla possibilità di esercitare l’autorità e che lui usa come arma e come scusa. C’è il lutto dell’assenza della madre che pesa su questi personaggi come una colpa e procura loro una vaga tristezza della quale tutti si accusano a vicenda.  Ci sono poi due amici, Fulvio e Fabrizio, che interagiscono con questa famiglia e involontariamente portano la farsa tra questa gente triste: hanno il buon gusto di innamorarsi entrambi di una delle due sorelle e vanno a fare la commedia degli equivoci a casa di Ibsen senza mai accorgersi di avere sbagliato indirizzo. C’è poi un medico che si presenta come narratore e che vorrebbe raccontare la storia da testimone esterno ma poi verrà risucchiato dentro di essa. Mi piace che il punto di vista sia quello di un medico. Mi piacciono i medici e i loro punti di vista”.