Una favola nera che comincia con un racconto “antico” di una giovane castellana. Man mano che lo spettacolo si snoda si scopriranno i tormenti di una giovane moglie, la quale tra le mura di un matrimonio, apparentemente perfetto, subisce le più terribili angherie, per amore prima e poi per inerzia, sempre più incapace di reagire.
In questa particolare formula scenica, la protagonista dialoga con le immagini della sua mente, dando vita ad una triplice dimensione: realtà, ricordo e inconscio. La messa in scena punta ad una riuscita sinergia tra palcoscenico e mezzo audiovisivo, a significare lo straniamento di una realtà che, dialogando nel chiuso recinto delle immagini mentali, finisce con l’auto annientarsi.
Sono proprio le immagini della mente della protagonista che proiettandosi sul palcoscenico, si riflettono avvolgendo la scena, formandola e completandola, dando modo al marito ed al medico di rivivere costantemente nei ricordi della donna, diventando il suo quotidiano tormento, la sua prigione, la sua punizione.
Il lungo monologo della protagonista è ritmato dagli interventi in video del marito e del medico, che si muovono nella scena proiettata con un alone misterioso e distorto, in un’atmosfera di crudele ambiguità, a sottolineare la trasposizione tra proiezione mentale e scenica. Non mancheranno effetti di forte suggestione e spiazzanti colpi di scena.
La musica originale, gli ambienti sonori ed i toni luminosi, sono essenziali ma presenti, caratterizzati dai toni stessi del testo, di cui rinforzano le già suggestive emozioni. Il risultato è di assoluta novità nel linguaggio dell’attuale comunicazione teatrale.