Bologna – Si è svolta ieri, all’interno della Feltrinelli di Piazza Ravegnana, la presentazione del dvd Gli amici del Bar Margherita di Pupi Avati. Una commedia corale che racconta con un pizzico di nostalgia le atmosfere e i luoghi di una Bologna alla soglia del boom economico. Presenti all’incontro, moderato da Andrea Maioli, Pupi Avati e Pierpaolo Zizzi, protagonista della pellicola, con il quale abbiamo scambiato qualche battuta.  Dopo l’esordio al cinema con il film di Avati hai lasciato Bologna e il tuo vecchio lavoro per trasferirti a Roma. Tralasciando la solita domanda se la tua vita è cambiata o no, come ti sembra la “Città Eterna”? Ti manca la provincia?
Trasognante. Mi diverte tantissimo perdermi, alzare lo sguardo e vedere che ovunque c’è qualcosa da osservare e restarne incantato. Di Bologna mi mancano gli amici e l’essere meno dispersiva di Roma. Prima riuscivo a tenere più contatti contemporaneamente cosa che a Roma risulta impossibile.Nel film sfoggi un perfetto accento bolognese, in realtà sei originario di Brindisi. Che rapporto hai con la tua città natale che inoltre ti ha onorato con il premio “La Vela Latina”?
A Brindisi ci sono nato quindi le mie radici sono lì. All’uscita delle prime recensioni del film il mio nome era accostato ad “un bolognese”. Ho dovuto lottare molto affinché venisse fuori “un brindisino”. Questo a riprova che sono molto legato alle mie origini pugliesi.Prima de “Gli amici del Bar Margherita” sei stato impegnato in teatro e con la danza. Quali sono i punti d’incontro e no di queste tre forme d’arte?
Sono espressioni del corpo. Nella recitazione c’è una mimica sia del corpo che del viso come anche nella danza alla quale però manca la parola. Parola che viene trasmessa attraverso il movimento cosa che invece non fai nella recitazione in quanto il movimento è una cornice di ciò che stai dicendo. Nella danza il corpo è la forma d’arte, la cornice è data dalla musica. Cinema e teatro sono due forme molto simili ma tecnicamente opposte. Il teatro è molto più costruito: i movimenti e il tono della voce sono amplificati. Il cinema è molto più naturale.Essere diretti da Avati deve essere stata un’esperienza importante per te. Cosa sei riuscito a carpirne?
Gli amici del Bar Margherita non lo vedo come il mio esordio ma come la grande scuola. Ho imparato tanto. Mi ha aperto un mondo che non conoscevo e che probabilmente non prendevo in considerazione più di tanto. Ho appreso la tecnica di recitazione cinematografica. Ho compreso il lavoro che c’è dietro la realizzazione di una pellicola, lavoro fino allora solo immaginato. Ho toccato con mano tutto ciò che riguarda l’ambito cinematografico con un grande regista.Nel cast del film troviamo Lo Cascio, Abatantuono, Marcorè. Come ti sei trovato a recitare con loro e se ti va “regalaci” un aggettivo per ognuno di questi.
Sono stati dei grandi professionisti facendo di tutto per farmi sentire a mio agio. Questo lo reputo un sinonimo di professionalità perché per lavorare bene bisogna stare bene nel gruppo. Perché recitando si instaurano delle sinergie che se non ci sono a monte non puoi crearle. Quindi mi sono trovato non bene ma benissimo. Un aggettivo per ognuno di loro? Lo Cascio: “camaleontico”. Abatantuono: “GRANDE”. Per Marcorè non un aggettivo ma: “collega perfetto”.Qualche aneddoto sui giorni delle riprese?
In una scena c’eravamo io, Abatantuono e Marcorè che dovevamo scendere una scala. Loro due erano davanti a me. Inconsapevolmente mi sono messo dietro, forse anche inconsciamente perché non mi sentivo di mettermi al loro livello. In realtà hanno iniziato a deridermi e ad insultarmi. Mi facevano notare che scendendo dietro di loro sarei uscito per ultimo nella macchina da presa rubandogli, conseguentemente, l’inquadratura. Dopo avermi detto ciò abbiamo rigirato la scena e loro hanno fatto di tutto affinché io non mi vedessi: scendevano molto lentamente ed essendo molto più alti di me riuscivano a coprirmi completamente. Tutto ciò ovviamente in gioco. Il film, oltre ad essere uno spaccato degli anni ’50, tratta anche il tema dell’amicizia. Quanta importanza dai all’amicizia?
Grande spazio. Ho molti amici con la “a” maiuscola, persone che mi hanno aiutato e di cui mi sono fidato. Mi hanno sostenuto e continuano a farlo. Alcuni di loro li reputo familiari.Secondo te potrebbe esistere un “Bar Margherita” oggi?
Sì. Probabilmente oggi il Bar Margherita non è un bar ma una community sul web.