Gli scavi condotti da archeologi inglesi hanno portato a una nuova scoperta che potrebbe fornire informazioni sull’uso della pena capitale da parte dell’Impero Romano. Le loro scoperte sono state pubblicate mercoledì sulla rivista British Archaeology. Il team, guidato dal project manager di Albion Archaeology, David Ingham, quattro anni fa ha portato alla luce nel Cambridgeshire, contea dell’Inghilterra orientale, i resti di un uomo con un chiodo di ferro di cinque centimetri conficcato nell’osso del tallone. Dopo lunghe analisi, gli scienziati sono giunti alla conclusione che si tratti di uno schiavo romano giustiziato per crocifissione circa 1.900 anni fa.
Sarebbe il “miglior esempio al mondo di crocifissione” e sicuramente la prima prova di ciò nel Regno Unito, hanno commentato i ricercatori per il Daily Mail. Il ritrovamento era avvenuto nel villaggio di Fenstanton nel 2017, ma le analisi sono state completate solo da poco. La datazione al radiocarbonio ha collocato i reperti tra il 130-337 d.C. A quanto pare, i resti sarebbero appartenuti a un uomo morto all’età di 25-35 anni, alto un metro e settanta e, con tutta probabilità, uno schiavo romano. Il chiodo di 5 centimetri, certamente non casualmente conficcato nel tallone in quel modo, ha portato gli archeologi e gli scienziati alla conclusione che l’uomo doveva essere stato sicuramente giustiziato. Con ogni probabilità crocifisso, anche se la struttura alla quale è stato inchiodato non doveva necessariamente essere a forma di croce.
Inizialmente, le assi di legno trovate sul luogo di sepoltura avevano fatto pensare che fossero queste stesse parte della croce o della struttura sulla quale venne giustiziato, successivamente è parso invece più probabile si trattasse dei resti della sua bara. Il fatto che non siano stati trovati altri chiodi nel corpo dell’uomo suggerisce che il chiodo nel tallone servisse forse non per sostenerne il peso, ma a tenerlo fermo, mentre probabilmente le braccia erano legate ad un’altra asse. I ricercatori non sono sicuri del motivo esatto per cui la vittima potrebbe essere stata crocifissa. Le pene capitali ai tempi dei romani potevano includere tradimento, sedizione, diserzione, alcuni tipi di omicidio e stupro. Tuttavia, entrava in gioco anche lo status, con i ranghi più elevati che tendevano a ricevere sanzioni meno estreme, mentre, hanno spiegato i ricercatori, “qualsiasi cosa avrebbe potuto condannare uno schiavo alla crocifissione”.
La crocifissione non era una pratica nata sotto Roma, come i più potrebbero pensare dato che è conosciuta per quella di Gesù (sotto l’Imperatore Tiberio, figlio di Augusto), ma è nata in Oriente, divenuta “popolare” poi in Persia. Successivamente venne adottata dai cartaginesi (l’ultimo re di questo popolo, Bomilcare 308 a.C., venne crocifisso in seguito ad una rivolta popolare che portò alla fondazione della repubblica) e dai romani. I romani usavano la crocifissione come punizione estrema, un vergognoso metodo di esecuzione riservato a persone schiavizzate, cristiani, stranieri, attivisti politici e soldati disonorati. La crocifissione fu la principale forma di pena di morte nell’Impero Romano, fino a quando non fu bandita durante il regno di Costantino il Grande (306-337 d.C.).