In Giappone, secondo un team di ricercatori, l’agente patogeno si è “autodistrutto” a causa di una mutazione fatale. Come riporta l’agenzia di stampa Sputnik che ha esplorato le possibili cause di questo “miracolo giapponese”, che Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” rilancia per la fondatezza dell’analisi, “la quinta e più grave ondata della pandemia, causata dall’altamente contagiosa variante delta, si è improvvisamente conclusa. Tre mesi fa, al picco della distribuzione della variante Delta, i contagi giornalieri in Giappone si attestavano a 26.000 unità, mentre oggi sono meno di 200. Il tasso di mortalità è sceso a zero. Gli alti livelli di vaccinazione e la disciplina sono solitamente citati come i principali fattori che hanno invertito la tendenza. Tuttavia, l’Istituto Nazionale di Genetica e l’Università di Niigata, guidato dal professor Itsuro Inoue, crede che sia tutta una questione di variazione genetica nel coronavirus.
Analizzando le diverse varianti di SARS-CoV-2, gli scienziati hanno stabilito che la versione Alfa, che ha dominato la quarta ondata di COVID-19 in Giappone da marzo a giugno, era geneticamente molto diversa: infatti, era composta da 5 gruppi principali, con molte mutazioni ramificate. I ricercatori hanno ipotizzato che la delta, più contagiosa e aggressiva, sarebbe stata ancor più varia. Ma, stranamente, i ricercatori hanno appurato l’esatto contrario: all’inizio, le mutazioni si accumulavano rapidamente e poi improvvisamente si fermavano. Gran parte delle mutazioni si è verificata nel sito A394V della proteina non strutturale nsp14, responsabile della correzione degli errori che si verificano durante la replicazione.
Secondo i ricercatori, a un certo punto il virus, cercando di correggere gli errori, ha semplicemente perso la sua capacità di replicarsi. “Siamo rimasti scioccati”, ha ammesso il professor Inoue in un’intervista al Japan Times. “Sembra che con l’accumularsi delle mutazioni, il virus sia diventato difettoso e abbia perso la sua capacità di replicarsi”. Il fatto che la proteina nsp14 sia estremamente importante nella protezione degli acidi nucleici è stato sottolineato anche dal professor Takeshi Urano della Shimane University School of Medicine. “Nsp14 interagisce con altre proteine virali”, ha osservato lo scienziato. “Gli studi hanno dimostrato che un virus con nsp14 danneggiata presenta performance di replicazione significativamente peggiori. Questo può essere uno dei fattori della rapida riduzione dell’incidenza della malattia”.
È avvenuto lo stesso anche in passato. Nel 2003, per esempio, è improvvisamente scomparsa l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Gli esperimenti di laboratorio hanno confermato che le mutazioni nella proteina nsp14 hanno fermato la replicazione del virus. In Giappone, tutte le restrizioni sono state eliminate, ma l’incidenza della malattia non è aumentata. Il professor Inoue crede che in questo caso siano diversi i fattori ad aver inciso. In primo luogo, la vaccinazione di massa (più del 75% della popolazione era completamente vaccinata) e la profilassi rigorosa. In secondo luogo, il Giappone è stato fortunato, in quanto la Delta aveva già sostituito tutte le altre varianti alla fine di agosto. L’evoluzione del virus è stata limitata a un solo ceppo, che alla fine è degenerato. Questo è il motivo per cui la Russia, dominata dalla Delta, ha migliori possibilità di ripetere il “miracolo giapponese”, rispetto all’India o all’Indonesia, dove invece dominano Alfa e Delta, a parità di adozione delle necessarie misure vaccinali. C’è però un altro elemento da considerare. Sempre gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Genetica e dell’Università di Niigata hanno appurato che gli asiatici presentano un enzima protettivo, APOBEC3A, che attacca i virus RNA, compreso il SARS-CoV-2. Gli europei e gli africani, invece, non ce l’hanno.
Quanto questo sia significativo e come APOBEC3A interagisca con la proteina nsp14 non è ancora completamente chiaro, poiché lo studio non è ancora stato completato. E comunque, almeno in Corea del Sud, Paese geneticamente vicino al Giappone, la pandemia continua. E il professor Testuo Fukawa, del Future Social Welfare Institute di Tokyo, ritiene che la situazione del COVID-19 sia aggravata dall’obesità. In Giappone, solo il 3,6% della popolazione è obesa, uno dei tassi più bassi del mondo.”E il nostro tasso di mortalità è davvero basso”, ha detto Fukawa alla BBC. “L’obesità è un fattore di rischio per COVID-19, ma comunque non il più importante”. Temporaneo o perenne? Tuttavia, è troppo presto per celebrare la vittoria sul virus, anche su scala nazionale. “Stiamo facendo bene finora, perché in Giappone c’era la Delta. Altre varianti si stavano avvicinando, ma Delta le ha trattenute. Ora si è aperta la strada a nuovi ceppi. I vaccini da soli non risolveranno il problema. Abbiamo bisogno di controlli sull’immigrazione, perché non sappiamo cosa può arrivare da altri paesi”, sottolinea Itsuro Inoue. Gli scienziati invitano a rimanere vigili e a prepararsi per la prossima ondata. E soprattutto, a continuare la vaccinazione.