A distanza di 14 anni il regista danese Thomas Vinterberg torna con un film imperdibile che segna il ritorno alla purezza espressiva che caratterizzò il suo esordio Festen – Festa di famiglia. Non a caso è lo stesso regista ad affermare: “Voglio ritrovare la purezza del mio film di diploma, quando non pensavo al futuro e cercavo solo di osservare il comportamento delle persone in certe situazioni, nel modo più onesto e autentico possibile”.  Dopo lo struggente Submarino, film presentato in concorso alla Berlinale 2010, questa volta il regista danese racconta la storia di Lucas che, accusato di aver abusato sessualmente di una bambina iscritta nell’asilo in cui lavora, diventa l’oggetto dell’odio di tutti i membri della sua piccola comunità. Nonostante lo spettatore sia a conoscenza fin dall’inizio dell’innocenza di Lucas, Vinterberg riesce a coinvolgerci nella storia attraverso una magistrale descrizione del processo evolutivo d’odio e infamie che colpisce il protagonista. Lucas si ritrova così solo a dover affrontare un’intera comunità che non lo riconosce più come suo membro. Gli unici a credere nella sua innocenza sono solo il giovane figlio e un suo amico d’infanzia. Perfino il suo migliore amico, nonché padre della bambina accusatrice, non crede più in lui. Vinterberg ha affidato questo difficile ruolo al divo del cinema danese Mads Mikkelsen che per quest’interpretazione ha vinto il premio come Miglior Attore all’ultimo Festival di Cannes. L’attore per la prima volta abbandona la sua mascolinità per vestire i panni di un maestro di scuola gentile e umile che lo stesso regista definisce “castrato”. Un uomo che dovrà far valere la propria innocenza e conservare la propria dignità senza ricorrere all’uso della violenza. Il sospetto vede per la seconda volta (dopo Submarino) la collaborazione di Vinterberg con lo sceneggiatore Tobias Lindholm. Il regista ha deciso di raccontare una moderna caccia alle streghe scaturita dalla lettura dello studio di un noto psicologo infantile sui bambini e sulle loro fantasie. Un tema difficile che però Vinterberg usa solo come spunto per raccontare soprattutto una vicenda umana il cui protagonista può essere chiunque di noi venga accusato ingiustamente. Il sospetto è come un virus che s’insinua in profondità e diventa difficile da estirpare: in molti casi la verità non è la cura.