Un paese di poche migliaia di abitanti, nell’entroterra siciliano. Un freddo mattino d’inverno. La luce d’un pallido sole riflessa sull’asfalto bagnato. Una piazza. Un autobus – il motore già acceso – che s’appresta a partire. Gli ultimi passeggeri s’affrettano a salire, mentre gli altri aspettano la partenza dell’autobus, dietro i finestrini. Un uomo, vestito di scuro, s’avvicina, di corsa. Posa il piede sinistro sul predellino dell’autobus, sta per rivolgersi all’autista. All’improvviso, un bagliore, seguito da un rumore sordo: l’uomo rimane quasi sospeso, per qualche istante, prima di afflosciarsi sull’asfalto. Morto. “Il giorno della civetta” racconta la storia dell’inchiesta condotta, a partire da questo omicidio, da un capitano dei carabinieri appena arrivato in Sicilia, dalla lontana Parma, all’inizio degli anni ’60. Il capitano Bellodi è un ex partigiano, servitore dello stato, pronto ad affrontare qualunque difficoltà, pur di far bene il proprio dovere. Davanti a lui, c’è adesso un cammino lungo, faticoso, irto di ostacoli. In fondo a questo percorso, c’è la verità; ma la verità, spesso, in Sicilia, ha troppe facce. Un’isola silenziosa, dura, che a Bellodi sembra incomprensibile, a tratti ostile. In questa riduzione teatrale de “Il giorno della civetta”, l’azione si svolge in una Sicilia trasfigurata, territorio dell’anima prima ancora che elemento geografico. “Il più grande peccato della Sicilia è stato ed è sempre quello di non credere nelle idee.  Ora, siccome questa sfiducia nelle idee, anzi, questa mancanza di idee, si proietta su tutto il mondo, la Sicilia ne è diventata la metafora”. Ne “Il giorno della civetta”, Salvatore Colasberna, unico impresario onesto della provincia, viene minacciato, ricattato ed infine ucciso, perché non ha voluto piegarsi ai voleri della mafia, perché s’è rifiutato d’uniformarsi ai comportamenti dei suoi rivali, perché costruiva le case con il cemento piuttosto che con sabbia e sterco. Chi comanda non può permettere che non si rispettino le regole, anche se queste nascono dal sopruso e dall’ingiustizia. Chi tocca gli interessi dei potenti, che quasi mai coincidono con quelli del comune cittadino, muore.  Chi ha il potere, ne abusa. In pochi protestano, in pochi si oppongono. Per queste ragioni, in questo spettacolo, dovremo curarci di rifuggire ogni rassicurante stereotipo: è comodo avere dei cattivi con un accento pronunciato, con la voce roca ed un sigaro cubano tra i denti, ma i mafiosi che ne “Il giorno della civetta” violentano la giustizia non potrebbero essere faccendieri, deve ritirarsi. Ancora una volta. Ma non sarà sempre così.Sarà, quella di Bellodi, un’altra battaglia perduta? 23-24-25-26 febbraio alle ore 21,00
1-2-3-4 Marzo alle ore 21,00
Teatro Parioli
Via Giosuè Borsi 20, 00135 – Roma tel . 06 8073040