Ho cercato di dar vita ad una storia che potesse in qualche modo paradigmatica di quelle condotte imprenditoriali, sprezzanti di ogni regola, che si sono affermate e sono state tollerte nel corso degli anni….Così il regista de Il Gioiellino, che come già era accaduto per La ragazza del lago ci porta nelle provincia italiana, anche in questo caso muta spettatrice di un crimine dove sappiamo subito chi sono i colpevoli e non c’è nessuna confessione da raccogliere. Perchè li seguiamo (i colpevoli) mentre, acceccati dal culto dell’azienda, mettono in atto una vera e propria strategia criminale di cui non ne avvertono la responsabilità e che trascinerà in un profondo baratro protagonisti e comparse. A detta degli sceneggiatori (Rampoldi, Romagnoli, Molaioli) questo non è un film di denuncia, nè d’inchiesta, ma vuole raccontare di personaggi capaci di muovere miliardi ma incompetenti e chiusi in vite grigie e monotone. Purtroppo, a nostro avviso, gli obiettivi sono stati disattesi: la pellicola risulta, infatti, scontata e banale, con un piano narrativo piatto e poco originale. Un racconto noto che non indaga nella mente contorta di individui abituati a vivere sull’orlo di un precipizio. Un film che pur avvalendosi di un cast d’eccezione (Toni Servillo, Remo Girone) trascina lo spettatore nel baratro…della noia.