Un jeans ed una felpa arancione con cappuccio, un paio di pantaloni color carne ed una maglia verde militare. Indossavano questi abiti Francesco e Salvatore Pappalardi quando la sera del 5 giugno 2006 sono scomparsi. Ed è proprio con quegli abiti che il 24 febbraio scorso i due fratellini di tredici e undici anni sono stati trovati senza vita in fondo alla cisterna di una casa abbandonata nei pressi di Gravina di Puglia, in provincia di Bari. Una sera d’estate come tutte le altre, la scuola da poco finita, i bambini a giocare insieme in strada come spesso accade nei piccoli centri. Ma, per Francesco e Salvatore, quella non sarebbe stata la solita serata. I due bambini, che dopo la separazione dei genitori erano stati affidati al padre Filippo Pappalardi e alla sua convivente, non sono più rientrati a casa. La prima ipotesi, presa in considerazione dagli inquirenti, è stata quella di un allontanamento volontario. Ciccio e Tore, infatti, avevano più volte espresso la volontà di non vivere con il padre perché severo, autoritario e, spesso, violento. I due bambini vengono perciò cercati a Gravina, nei boschi, nelle grotte, nel centro storico, da centinaia di uomini delle forze di polizia, vigili del fuoco e vigili urbani, speleologi, sommozzatori e soccorso alpino. Ma dei due fratellini nessuna traccia, sembrano essersi volatilizzati. Ad un settimana dalla scomparsa inizia a cadere l’ipotesi di allontanamento volontario e prende corpo quella del rapimento. Le ricerche, perciò, si allargano al paese dove vive la madre. Ed è proprio sulla mamma, Rosa Carlucci, che si concentrano le indagini. Secondo gli inquirenti una donna rumena, amica della mamma, avrebbe condotto i bambini in Romania, forse per allontanarli dal padre. Continuano, così, le ricerche sia in Italia che all’estero ma con scarsi risultati. La svolta si ha nel novembre del 2007 quando, dopo diciassette mesi di indagini, viene arrestato Filippo Pappalardi. Contro di lui accuse pesantissime: sequestro di persona, duplice omicidio aggravato e occultamento dei cadavere. Secondo l’accusa, il giorno della scomparsa i bambini erano sotto punizione e non potevano uscire di casa. La loro colpa sarebbe stata quella di aver disobbedito a quel padre-dittatore che, infuriato, li avrebbe cercati in paese. Stando alla la ricostruzione fatta da un baby-testimone, il padre li avrebbe trovati in piazza delle Quattro Fontane, li avrebbe costretti a salire in macchina e portati via. Da quel momento dei due bambini non si saprà più nulla.Nonostante la convinzione che i due piccoli siano morti, i loro corpi non vengono trovati. Fino al 24 febbraio scorso quando un ragazzo precipita nel pozzo di un edificio abbandonato nel centro di Gravina. I vigili del fuoco, che cercano di portarlo in salvo, danno l’allarme: in fondo ci sono i corpi di due bambini. Dopo qualche accertamento la tragica notizia: si tratta di Ciccio e Tore. I due corpi erano lontani dall’imboccatura del pozzo, in posizione fetale.Da quel giorno si è cercato di capire se i due fratelli siano stati uccisi o se siano state vittime di un tragico incidente. Una certezza è giunta dall’autopsia. I medici legali hanno affermato che i due bambini non hanno subito violenza prima della morte. Accertamenti che hanno accreditato l’ipotesi dell’incidente. Nonostante ciò il padre di Ciccio e Tore è rimasto in carcere.Fino a ieri quando il Gip di Bari Giulia Romanazzi ha disposto la scarcerazione dell’uomo con l’obbligo dei domiciliari.
La Procura di Bari sembra non condividere la decisione del gip, che ha derubricato il reato di duplice omicidio in ”abbandono di minore o persona incapace aggravato da morte successiva”.