Prosegue imperterrita la farsa dei finti prodotti Made in Italy spacciati per italiani. E interessa qualsiasi settore merceologico. Questa settimana, per esempio, sono state sequestrate dai militari del Comando Regione Carabinieri Forestale Puglia e del Coordinamento Territoriale Carabinieri per l’Ambiente del Parco Nazionale “Alta Murgia” di Altamura, formaggi che venivano realizzati con le cagliate industriali, idem per le mozzarelle etichettate “con Latte della Murgia Barese”. Ma in realtà i formaggi venivano realizzati con latte proveniente dell’Ungheria. Sull’etichetta era riportata la dicitura “latte fresco italiano”.
Nello specifico a Bari e Santeramo è stata accertata la vendita di mozzarelle formaggi con etichette non corrispondenti alla realtà sulla provenienza del latte, mentre in diverse ditte situate nelle città di Andria, di Gioia del Colle e di Fasano, i Carabinieri hanno sequestrato oltre 1500 Kg di prodotti caseari privi del sistema di tracciabilità inerente l’origine del latte utilizzato, in violazione a quanto previsto dalla specifica normativa di settore sulla sicurezza degli alimenti. Sui tali prodotti non risultavano infatti riportate le fondamentali indicazioni attestanti il giorno di produzione e le materie prime utilizzate.
Secondo gli esperti del settore agroalimentare, una significativa parte delle mozzarelle “italiane” in realtà non sono prodotte con latte italiano ma con latte proveniente per oltre il 50% da Belgio, Francia, Lussemburgo e Ungheria ed è semplicemente la punta di un iceberg, una vera e propria piaga del settore agroalimentare del nostro Paese. Piaga che costituisce una grave forma di raggiro ai danni del consumatore, ma non solo.
È anche un caso clamoroso di concorrenza sleale che danneggia tutti quei produttori che mettono in commercio mozzarelle e formaggi realmente italiani. A scorrere gli scaffali di supermercati e negozi di alimentari sembra che la gran parte del latte e dei formaggi che compriamo siano al 100% italiani. Peccato solo che il 50% del latte usato in Italia per produrre formaggi non sia latte italiano ma latte straniero di importazione.
Nel solo 2015 “sono arrivati ben 1,8 miliardi di chili di latte in cisterna e 530 milioni di litri già confezionati, tra cui 1,3 miliardi di litri di latte sterile e UHT”, con una stima di “86 milioni di chili di cagliate e 130 milioni di chili di polvere di latte, di cui circa 10 milioni di chili di caseina utilizzati in latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori.
La conclusione è che tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta e la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere. Un inganno che sta mettendo a rischio 40.000 stalle italiane, quasi 200.000 occupati e oltre 22 miliardi di euro di valore generato dalla filiera nel settore lattiero caseario, che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano e che vanta anche 43 formaggi tipici a Denominazione d’origine”. Dovremmo uscire da questa situazione con l’imminente entrata in vigore del Decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio 2017, inerente l’obbligo di “indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011.