Che fosse l’anti-Scamarcio, Elio Germano lo aveva già dimostrato non solo interpretando l’alterego-antagonista del bel Riccardo in Mio fratello è figlio unico, ma soprattutto veleggiando a vista da ruoli scontati e popolari. Parlando al Giffoni Film Festival davanti a una folla di ragazzi, l’attore romano ha ribadito la sua distanza dal cinema ottimistico e facilone, dai copioni iper commerciali che sono l’unico vero pane dei produttori e dei registi italiani di oggi. “Il cinema italiano è un po’ triste – sostiene Germano – ma mi sono stancato di prendermela con chi ci governa o chi ci produce. Me la prendo con me stesso, con il popolo che si lascia passare tutto addosso e sta sempre a guardare il proprio tornaconto personale invece del valore sociale del mestiere, quale che sia, che fa”.All’attore rivelazione delle ultime stagioni cinematografiche (tra i suoi titoli di successo Tutta la vita davanti, N – Io e Napoleone, Il mattino ha l’oro in bocca, Il passato è una terra straniera) piacerebbe calzare sempre i panni sporchi dell’outsider, del combattente, del corrotto: ruoli “scabrosi e difficili perché soprattutto nel cinema bisogna raccontare ciò di cui si ha difficoltà a parlare”. Tra le sue speranze, rientra un film sui fatti di Genova 2001, “ma chi lo produrrà mai”? Germano incalza sulla crisi di genere del cinema nostrano: la pavidità cronica dei cassieri (le case di produzione) reclude le storie scomode, di denuncia e spinge avanti il buonismo-semplicismo delle notti prima degli esami e dei manuali d’amore. E addita “il delirio dei film giovanilisti figli di un meccanismo che peggiorerà con i tagli allo spettacolo. Quando mancano i finanziamenti, il produttore investe in progetti sicuri o con attori che dovrebbero garantire incassi. Questo crea una stasi paludosa e malarica”. L’attore, 29 anni a settembre, definito con uno di quegli encomi teatrali che tanto piacciono agli italiani il “Robert De Niro del nostro cinema”, sarà presto in sala con due pellicole importanti. L’ultima fatica di Daniele Luchetti, con Raoul Bova e Luca Zingaretti, in cui interpreta un operaio edile della periferia romana, emblema di quella povertà moderna che galleggia ai margini della società ipercinetica e produttiva di oggi; e il musical di Rob Marshall Nine, citazione-omaggio-remake di Otto e mezzo di Fellini, con le super star Penelope Cruz, Nicole Kidman e Daniel Day – Lewis. “Io ho un ruolo decisamente ridotto – spiega l’attore – sono uno degli assistenti del regista interpretato da Daniel Day-Lewis”. Ma l’esperienza su un set americano è stata comunque formativa: “Le troupe sono dieci volte più grandi delle nostre. Noi lavoriamo al massimo 10 ore e loro 12. C’è un’abnegazione al lavoro totale, il regista ha 8.000 assistenti, non lo vedi mai ma senti la sua voce dagli altoparlanti. Da noi i set, rispetto a quelli americani, sembrano dei campi rom”.