È con il Concerto in Re maggore per violino e orchestra op.61 di Ludwing van Beethoven che l’Orchestra Sinfonica di Roma diretta dal Maestro Francesco La Vecchia, apre questo stupendo pomeriggio musicale all’Auditorium. Composto nella seconda metà del 1806 il Concerto viene eseguito per la prima volta il 23 dicembre del 1806 a Vienna dal giovane ma talentuoso violinista Franz Clement. La critica non fu molto clemente e il concerto sembrava non dovesse avere lo stesso destino delle sue altre composizioni. Solo dopo quarant’anni di silenzio, nel 1844, il grande violinista Joachim, ancora tredicenne, lo riscoprirà suonandolo a Londra sotto la direzione di Mendelssohn, esecuzione poi ripresa dieci anni dopo a Dusseldorf con Robert Schumann. Da quel giorno il concerto op. 61 per violino e orchestra di Beethoven diventerà uno dei pezzi più eseguiti nel repertorio violinistico. Nel primo movimento , Allegro ma non troppo il violino di Franceso Manara, nel momento in cui si inserisce nel flusso orchestrale eleva il tutto su un piano di intensa cantabilità. Tranne due elementi  che potremo considerare drammatici: i quattro tocchi di timpano che precedono i due temi principali e il secondo tutti orchestrale in fa maggiore, con i suoi intervalli ampi e quasi dolorosi.Ma il canto del solista riesce a prevale concludendo in serenità questo starordinario primo tempo.Il Larghetto lascia libero il violino, l’orchestra non è antagonista ma sembra accompagnarlo verso altezze ultraterrene.Il Rondò fuga la tristezza del secondo tempo, con un gioco sfrenato di ritmi che si conclude con i passaggi virtuosistici del violino. Atmosfere goliardiche con Ouverture Accademica op.80 di Johannes Brahms scritta nell’estate del 1880 in occasione del conseguimento della laurea honoris causa presso l’Univerità di Bratislavia. Il brano rivela il lato allegro del compositore che attraverso un’orchestrazione fragorosa dscrive la sua esperienza giovanile di studente spensierato. A conclusione l’Orchestra Sinfonica di Roma ha eseguito, con notevole forza espressiva L’apprendista stregone (1897) di Paul Dukas, lo scherzo sinfonico divenuto celebre in tutto il mondo come l’esempio più smagliante dell’impressionismo musicale.  Dukas si è ispirato alla celebre ballata di Johann Wolfang Goethe, dove si racconta la storia del vecchio stregone che abbandona momentaneamente il suo antro, dando modo al suo apprendista di sperimentare alcuni sortilegi: ordinare a dei secchi di riempire d’acqua una vasca, imporre ad un pestello di camminare su due gambe e portare le brocche colme d’acqua. Ma quando la vasca è ricolma, il meccanismo non s’arresta più ed è come se cento fiumi inondassero l’antro del vecchio mago, di fronte all’apprendista impotente che afferra un’ascia e distrugge il pestello. Ma ecco i pezzi moltiplicarsi, così che un vero e proprio esercito di pestelli continua a trasportare acqua che inonda la casa, il giardino, il mondo intero fino a quando il ritorno del maestro scongiura il pericolo, richiamando all’ordine gli spiriti liberati dall’incauto apprendista. Dukas ha saputo magistralmente rappresentare tutto questo con la sua musica carica di effetti suggestivi e figurativi, non priva di quell’ ironia che veniva sottolineato nel brano inserito nel film Fantasia (1940) di Walt Disney con Topolino nelle vesti del maldestro “apprendista stregone”.