L’uomo e le sue sofferenze. La ricerca di una soluzione attraverso l’incontro con “l’altro” o la fuga solitaria nella natura. Il desiderio di redenzione che conduce alla libertà (dell’anima). Sono questi i punti in comune tra due film in uscita al cinema tanto diversi quanto simili.
“Dogman” di Luc Besson è un film che parla di dolore e di amore. Amore verso una comunità di cani, come si intuiste dal titolo, che indicheranno al protagonista l’unica strada per la redenzione e la salvezza. Ispirato a un fatto di cronaca avvenuto in Francia, il film ci regala un nuovo punto di vista sul complicato rapporto tra violenza subita e disturbi della psiche che ne conseguono. Merito soprattutto della magistrale interpretazione di Caleb Landry Jones capace di regalare allo spettatore un personaggio, Douglas, con cui entrare in empatia nonostante la sua discutibile condotta.
“A passo d’uomo” di Denis Imbert è un viaggio attraverso la Francia e i suoi straordinari paesaggi naturali. Ad intraprenderlo Pierre, uno scrittore dallo spirito libero alla ricerca di sé, che in seguito ad un incidente decide di percorrere a piedi 1300 km dalla Provenza alla Manica. Tratto dal romanzo “Sentieri neri” di Sylvain Tesson, la pellicola vede protagonista un convincente Jean Dujardin capace anche di strappare qualche lacrima allo spettatore più sensibile.
Entrambi i protagonisti sembrano avere un rapporto irrisolto con alcune donne (la madre, il primo amore non corrisposto, la fidanzata…). La scelta della voce fuori campo (per Imbert), le sedute in carcere di Douglas con la psicologa (per Besson) e l’uso dei flash back (per entrambi) conducono lo spettatore attraverso il vissuto di questi due personaggi antitetici che vogliono gridare al mondo che ognuno, a proprio modo, può e deve trovare la strada verso la libertà e la consapevolezza di sé.