Continua serrato il braccio di ferro tra Barak Obama e Hillary Clinton, i due “great pretenders” alla leadership del partito democratico. Il supermartedì elettorale del 5 febbraio non ha portato chiarimenti Barak Obama si aggiudica tredici stati, a fronte degli otto conquistati dalla Clinton, che però, forte della California e di New York, può contare su un numero maggiore di delegati. Un vero e proprio intrico difficile da dipanare, tanto che è stata avanzata l’ipotesi (molto europea) di una gross-koalition tra le due anime del partito democratico. Da una parte l’utopia di Obama, dal grande carisma oratorio, l’uomo che sta rinnovando il grande sogno americano sulle orme dei Kennedy (del cui clan ha ricevuto l’investitura), dall’altra la real politik di Hillary, nuova lady di ferro forte di un programma di governo già ben delineato. ”Avete votato per riscrivere la storia, dopo sette anni avrete un presidente che porterà alla Casa Bianca i vostri sogni e i vostri valori”, così ha ringraziato i propri elettori Hillary Clinton, cui ha fatto eco il rivale Obama, ultimo tra i candidati a intervenire sulle elezioni “Mi complimento con Hillary per gli straordinari risultati ottenuti, ma questa sera l’America ha capito che ha a disposizione una scelta: quella tra passato e futuro. Il nostro movimento è reale, il cambiamento per l’America sta arrivando”. La votazione di martedì ha sancito la vittoria di Obama soprattutto negli stati del sud, tra i giovani e i neri, mentre la Clinton ha dalla sua ispanici e donne. Se si dovesse arrivare alla convention in stato di parità potrà anche contare sul voto decisivo dei superdelegati (tra cui il proprio marito Bill Clinton). Obama dovrà bruciare la rivale prima della convention, facendo leva sulla capacità capillare di convogliare i finanziamenti, soprattutto piccole donazioni. Tre milioni sono stati raccolti dal suo team in un solo giorno dopo le primarie del supermartedì, mentre la Clinton ha dovuto attingere cinque milioni di dollari dalle proprie finanze personali. Molto più delineata la situazione invece in casa repubblicana dove il senatore John McCain al momento sta facendo corsa in proprio, approfittando della rivalità tra Mick Huckabee e il miliardario mormone Mitt Romney. Mc Cain, già battuto nel 2000 da Gorge W. Bush, si è aggiudicato nove stati, tra cui California e New York: ”Sono fiducioso che stavolta raggiungeremo il traguardo”, ha detto McCain. “E’ giunto il momento di abituarsi all’idea di essere diventati i battistrada repubblicani. È una idea che non mi dispiace per niente”.