Un concerto coinvolgente e toccante. Di quelli che ti restano “dentro” anche quando esci dall’Auditorium e vai fuori, per le strade e l’aria tiepida si mescola alle note della Sinfonia in re maggiore op.25 di Prokof’ev, che a dispetto del suo titolo (Sinfonia Classica) mostra un modo originalissimo di elaborare la tradizione. E che dire del famoso Concerto n.1 per pianoforte e orchestra di Čajkovskij? Ne sentiamo ancora la solennità dell’attacco affidato all’orchestra seguito dai poderosi accordi del pianoforte del talentuoso Xu Zhong che diventa protagonista elaborando, ampliando fino a “consegnare“, quasi a malincuore, il tema iniziale all’orchestra. Ci allontaniamo dall’Auditorium ma ecco che la dolcezza della musica, le note accarezzate sul pianoforte: il secondo movimento. Poi il ritmo danzante del pianoforte  conduce al controtema affidato agli archi.  È dolce questa primavera romana, parla d’amore. Come il poema sinfonico che abbiamo appena ascoltato: Francesca da Rimini (op. 32). “Ho appena terminato il mio nuovo lavoro: una fantasia su Francesca da Rimini. L’ho scritta con amore e l’amore mi sembra che sia emerso abbastanza bene.” Così scriveva Čajkovskij a proposito di un’opera composta in meno di tre settimane dopo un viaggio a Bayreuth dove aveva ascoltato per la prima volta L’anello del Nibelungo di Wagner. Fu in treno che lesse il canto dantesco e bruciò dal desiderio di scrivere un poema sinfonico su Francesca. La sua musica ci parla del vento che trascina le anime dannate dei lussuriosi fino al parossismo del canto d’amore di Francesca affidato al clarinetto solista, per concludere con il suono dei corni che segnano la fine del ricordo e l’inizio di un tormento senza fine.