Giampiero Moscato, ex caporedattore Ansa Emilia-Romagna, fu in prima linea a raccontare tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta la tragica escalation di sangue della banda dei fratelli Savi. Non poteva che essere affidato che a lui il racconto, tra cronaca e ricordo personale e doloroso, di uno dei capitoli più drammatici della storia bolognese e italiana, nella seconda puntata di “Criminis Imago: le storie”, la serie di videointerviste realizzate nell’ambito della mostra fotografica “Criminis Imago. Le immagini della criminalità a Bologna” a Santa Maria della Vita, attualmente chiusa al pubblico. La puntata sarà trasmessa martedì 29 dicembre alle ore 18.00 (repliche ore 19 e ore 20) sulla piattaforma VentiVenti di Genus Bononiae. Musei nella città, che ospita un ricco programma di contenuti on line fino al prossimo 12 gennaio. Il palinsesto, fruibile in maniera del tutto gratuita, è un modo per mantenere vivo il contatto tra i Musei stessi e la città, in attesa della riapertura delle sedi.
Moscato ricostruisce le tappe della storia della banda, che tra il 1987 e il 1994, anno dell’arresto, mise a colpo oltre 100 crimini e provocò la morte di 24 persone. Dalle rapine ai caselli autostradali ai veri e propri blitz omicidi contro le comunità Rom e gli extracomunitari e alle rapine sanguinose che sconvolsero Bologna e l’Emilia Romagna, con il tragico epilogo della strage del Pilastro in cui persero la vita i carabinieri Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini. Il giornalista riporta alla memoria immagini strazianti, come quella di Primo Zecchi, ucciso per aver tentato di segnare il numero di targa della Uno Bianca con la quale la banda aveva appena compiuto una rapina ai danni di una tabaccheria in via Zanardi; o il dolore della madre di Mitilini o del padre di Massimiliano Valenti, poco più che ventenne, ucciso in quanto testimone scomodo. Una testimonianza che è anche uno spaccato vivo di un mondo del giornalismo ormai scomparso con l’avvento delle nuove tecnologie, tra lenti dispacci d’agenzia e gettoni telefonici da tenere in tasca per dettare le notizie.
A intervallare la narrazione di Moscato ci sono le immagini di Paolo Ferrari, oggi conservate nell’Archivio Ferrari di Genus Bononiae: e proprio a Ferrari e all’Archivio fotografico di Genus Bononiae che porta il suo nome è dedicato l’appuntamento di mercoledì 30 dicembre alle ore 18.00 sulla piattaforma online: le telecamere andranno dietro le quinte dell’Archivio Ferrari, che dagli anni Settanta ad oggi ha mantenuto intatto il suo fascino, in cui si conservano 30 anni del suo lavoro di fotoreporter, e che è ancora laboratorio di catalogazione, scansione e restauro digitale delle immagini.