I primi mille giorni di vita, a partire dal concepimento, sono un periodo molto importante per la salute e la qualità di vita del bambino, non solo nel presente ma anche nel futuro, guardando a lui come adulto e addirittura come anziano. Si tratta di “una finestra temporale di grande vulnerabilità perché gli agenti cosiddetti ‘epigenotossici’ possono agire negativamente sull’organismo in crescita del bambino. Oggi però abbiamo una maggiore conoscenza di questo periodo della vita e possiamo quindi trasformare questa finestra di vulnerabilità in una finestra di opportunità. Fare le scelte giuste, fare prevenzione nei primi mille giorni, significa dare al bambino un bonus che durerà tutta la vita”. A spiegarlo è Vassilios Fanos, professore ordinario di Pediatria presso l’Università di Cagliari, nella relazione tenuta al congresso virtuale della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps).
Cosa sono gli agenti ‘epigenotossoci’? “‘Epigenotossicità’- chiarisce l’esperto- è l’insieme di tossicità e di genetica. La genetica è il patrimonio che abbiamo ricevuto dai nostri genitori e dalle generazioni precedenti. In greco ‘epis’ indica ‘ciò che sta sopra’, quindi se sta sopra la genetica vuol dire che è addirittura più importante. Consideriamo- sottolinea Fanos- che solo l’1-2% delle malattie ha un’origine monogenica, tutte le altre dipendono da più geni e il fattore ambientale è molto importante. Questo è un dato molto rilevante perché ci consente di agire sul nostro futuro cambiando i fattori epigenetici ambientali, ad esempio mangiando meno e meglio, facendo attività fisica, riducendo lo stress, tenendoci lontani quanto più possibile dall’inquinamento, evitare il fumo e l’alcol”.
L’attenzione ai primi mille giorni dal concepimento è legata anche “all’organo più importante che abbiamo cioè il cervello. Questo organo- sottolinea il docente universitario- pesa, alla nascita di un bambino a termine, circa 300 grammi e cresce di 1 grammo al giorno nei mesi successivi, per arrivare al suo peso quasi definitivo di circa 1,3 kg al termine dei mille giorni. Abbiamo poi altri due cervelli- ricorda- l’intestino con il suo microbiota e il sistema immunitario. Questi tre sistemi maturano tutti nello stesso periodo, influenzandosi a vicenda. E proprio da come si strutturano questi tre cervelli e le loro relazioni deriva la qualità della salute del bambino, anche nella sua vita adulta. Tutto quello può influire su questo sviluppo- ribadisce Fanos- ha effetti a lungo termine”.
La prevenzione, intesa anche come scelte di vita sane, diventa dunque sempre più precoce. “Nel corso del tempo- spiega il ricercatore- il termine precoce ha spostato il proprio paletto sempre prima rispetto alle età della vita e oggi si parla di ‘programmazione fetale’, di ‘programmazione perinatale’ e di ‘sviluppo della salute nel corso dello sviluppo’. Oggi- sottolinea- si parla addirittura della formula ‘6+9+6’: partendo dai 6 mesi prima del concepimento, proseguendo con i 9 mesi della gravidanza e poi con i primi 6 mesi dopo la nascita. Questi ultimi sei mesi corrispondono più o meno a quelli dell’allattamento materno”.
“Durante il periodo precedente la gravidanza ci sono diversi fattori a cui prestare attenzione- ricorda Fanos- Tra quelli ambientali, il più importante è la nutrizione”. Un’attenzione che va rivolta non solo all’alimentazione della futura mamma, ma anche del padre. “Cattive abitudini alimentari, consumo di alcol, fumo da parte del padre- ribadisce il docente dell’Università di Cagliari- può avere un’influenza sulla salute del bambino che nascerà, accendendo o spegnendo alcuni geni. Stare attenti in questo periodo può essere molto utile, ovviamente se la gravidanza è programmata”. Quale dieta seguire, allora? “La nostra dieta mediterranea- precisa l’esperto- è un patrimonio straordinario, un giusto mix di alimenti che può contribuire a garantire il giusto mix di nutrienti”.
Un altro importantissimo fattore di prevenzione, una volta nato il bambino, è costituito dall’allattamento materno. “Gli antichi egizi- illustra citando un aneddoto il ricercatore- consideravano il latte materno un liquido magico in grado di curare le malattie. Oggi, questa convinzione è realtà grazie alle cellule staminali contenute nel latte materno. Quest’ultimo- prosegue- è un potente bioreattore ed è ciò di cui ha bisogno l’intestino del neonato. Diversi hanno studi hanno evidenziato come l’intestino del bambino aumenti il proprio volume fino al 40% a contatto col colostro materno. Si è anche scoperto- aggiunge- per quanto riguarda la potenza del latte materno, che contiene delle cellule staminali multipotenti (particolarmente concentrate nel colostro) che vengono catturate dalle cellule dell’intestino del neonato e da lì trasportate in diversi organi, arrivando a colonizzare il cervello e trasformandosi in tessuto nervoso. È dunque molto importante- conclude Fanos- favorire quanto più possibile l’allattamento al seno”.