Dopo una lunga gestazione, durata più di sette anni, Steven Soderbergh ce l’ha fatta. Il regista di Sesso, bugie e videotape e della fortunata saga degli Ocean’s ma anche di film più impegnati e complessi come Traffic, ha tradotto sullo schermo, in oltre 260’ di pellicola, la vicenda umana e politica del Che. Presentato a Cannes come un film unico, a causa delle polemiche sull’eccesiva lunghezza, Che è stato suddiviso in due capitoli. Il primo, L’argentino, esce il 10 aprile. Il secondo, Guerriglia, arriverà in sala il 30 aprile.
E’ il 26 novembre 1956 quando Fidel Castro (Demiàn Bichir) salpa alla volta di Cuba con ottanta ribelli (solo dodici di loro sopravviveranno, tra loro l’italiano Gino Donè), deciso a rovesciare il regime corrotto di Fulgencio Batista. Alla spedizione partecipa anche un medico argentino di nome Ernesto Guevara de la Serna (Benicio Del Toro, Miglior Attore a Cannes per la sua interpretazione del Che). Il racconto di Soderbergh parte da questa premessa e ripercorre la straordinaria avventura di un uomo distintosi da subito per l’audacia e l’intelligenza tattica, divenuto comandante e infine eroe rivoluzionario.
Il film alterna momenti di narrazione a estratti di interviste e di interventi pubblici del Che (come le sequenze che mostrano il discorso all’Onu nel 1964) . L’intento del regista era evitare ogni faziosità e rappresentare la vicenda nella sua interezza, da vari punti di vista. “Sembrerà strano – dice Soderbergh – ma per me questo non è un film politico, ma un film su un uomo che ha avuto un ruolo determinante nella politica. Non propone nessuna ideologia. Naturalmente a un certo punto ho dovuto fare mio il suo punto di vista perché le sue convinzioni risultassero sincere. Non significa che io creda in tutto quello in cui lui credeva”. Soderbergh, per le riprese della pellicola, ha deciso di usare solo la luce naturale grazie all’impiego di un’innovativa cinepresa digitale: la RED.