A VITTORIANO IN MOSTRA MUCHA E L’ART NOUVEAU
Donne. Sorridenti, sensuali, sinuose, dalle forme morbide e i volti gentili. Donne dagli sguardi intensi, forti e coraggiose, ambiziose, combattive. Donne fragili, materne, protettive, sante e innamorate. Giovanne d’Arco e Medee. Donne sconosciute e altre celebri: Sarah Bernhardt, Ethel Barrimore, Leslie Carter, Halide Edip Adivar. Sono le donne di Mucha, quelle che l’artista ha immortalato con il tocco leggero della sua abile mano, e che abbiamo scelto per inaugurare la nuova stagione del Vittoriano, luogo di incomparabile centralità e prestigio nella scena culturale della Capitale. Così Iole Siena, Presidente di Arthemisia Group, ha presentato la mostra al Complesso del Vittoriano, nell’Ala Brasini, intitolata Alphonse Mucha, aperta dal 15 aprile all’11 settembre 2016.
La retrospettiva, organizzata e prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Mucha e curata da Tomoko Sato, espone oltre 200 opere tra dipinti, manifesti, disegni, opere decorative, gioielli e arredi, che raccontano l’intero percorso creativo del massimo esponente dell’Art Nouveau.
Alphonse Mucha (1860-1939) fu un artista straordinariamente prolifico e versatile che ha lasciato il segno in diversi campi: a lui si devono infatti non solo manifesti, gioielli, allestimenti d’interni, scenografie teatrali, packaging articoli di design, ma anche dipinti, volumi illustrati, sculture e fotografie. Malgrado le origini ceche, il suo nome è in genere associato alla Francia in quanto protagonista di primo piano dell’Art Nouveau, uno dei movimenti destinati a esercitare la maggior influenza nell’ambito della storia dell’arte europea.
Noto in patria anche come il “grande ceco”disegnò le prime banconote e i francobolli della Repubblica ceca e soprattutto realizzò l’Epopea slava, una monumentale opera pittorica dedicata al suo popolo. Fu inoltre membro di spicco della massoneria e, dopo la prima guerra mondiale, si adoperò attivamente per la pace e il progresso spirituale dell’umanità.
L’art nouveau e lo “stile Mucha”. “Che cosa significa art nouveau? … L’arte non può mai essere nuova”. Secondo Jirˇí Mucha, figlio e biografo dell’artista, era in questi termini che suo padre rispondeva di solito alla domanda che cosa fosse l’art nouveau e con tale affermazione Mucha intendeva esprimere l’estraneità dell’arte, realtà eterna per definizione, alle mode passeggere. Indifferente ai nuovi circoli artistici e alle questioni tecniche che venivano dibattute al loro interno – i cosiddetti “ismi” –, criticava la tendenza all’“arte per l’arte” che ignorava l’importanza di tradurre in immagini le idee. Eppure, paradossalmente, fu proprio nell’ambito dell’art nouveau, movimento rivelatosi particoarmente sensibile alle mode, che Mucha costruì la sua fama: allorché nuovi orientamenti artisti ci rivendicarono uno stile nuovo egli seppe farsi trovare nel posto giusto al momento giusto.
L’art nouveau interessò la pittura, la scultura, la grafica, l’architettura e le arti decorative; a partire dal 1900 si diffuse in tutta Europa dando vita a una varietà di stili che in ogni nazione furono il frutto dell’ibridazione con le tradizioni locali. Al di là delle specificità nazionali, vi fu comunque uno “stile art nouveau” basato su un linguaggio comune rappresentato da eleganti linee curve, fiori e motivi fitomorfi, slanciate figure femminili idealizzate dai lunghi capelli fluenti. Questi furono anche – inutile dirlo i motivi caratteristici dello “stile Mucha” come lo definirono i francesi.
La mostra esplora l’opera di Mucha attraverso sei aspetti della sua personalità – l’identità boema, la creazione di immagini per il grande pubblico, il cosmopolitismo, il misticismo, il patriottismo e la speculazione filosofica .
Prima sezione
Un boemo a Parigi
Gismonda, La Princesse Lointaine (1896), Manifesto per Médée (1898), libri, manifesti e altri lavori incentrati su Sarah Bernhardt accompagnano il visitatore in questa prima sezione che ripercorre dapprima gli esordi del Mucha bohémien, ai margini della società francese (il termine bohémien è anche la traduzione francese di boemo) e analizza poi il successo ottenuto grazie al manifesto Gismonda, dipinto per Sarah Bernhardt che rappresenta il punto di partenza della sua fama. Oltre a una serie di locandine eseguite da Mucha per Sarah Bernhardt e ad altri lavori sempre connessi alla “divina”, la sezione presenta illustrazioni e alcuni primi disegni dell’artista, al fine di dimostrarne la solida formazione accademica.
Seconda sezione
Un creatore di immagini per il grande pubblico
L’approccio muchiano alla produzione di manifesti e alla creazione del caratteristico “stile Mucha”, è approfondito attraverso esempi d’arte pubblicitaria e pannelli decorativi. La sezione presenta tra le altre produzioni i Documents décoratifs (1902): una guida al design “pronta all’uso” dedicata agli artigiani, con l’intento di “contribuire a infondere i valori estetici nella produzione artistica e
artigianale”.
Terza sezione
Un cosmopolita
Costituiscono gli elementi centrali, intorno ai quali si snoda la terza sezione, l’ascesa di Alphonse Mucha verso la fama sullo sfondo dell’Esposizione universale del 1900 attraverso una serie di lavori associati all’evento parigino e alla collaborazione con il celebre gioielliere francese Georges Fouquet (1862-1957). Qui trovano spazio anche le opere del periodo americano di Mucha, con particolare attenzione a quelle che rivelano il rapporto dell’artista con il mondo del teatro: le decorazioni per il German Theatre di New York e i manifesti per le attrici Leslie Carter e Maude Adams.
Quarta sezione
Il mistico
Sul finire dell’Ottocento Mucha si sente attratto dallo spiritualismo e diventa amico del celebre drammaturgo svedese August Strindberg la cui filosofia mistica lo influenza profondamente; molto vicino a un circolo teosofico parigino, nel 1898 entra a far parte della loggia massonica della città. In questa sezione sono analizzate le influenze dello spiritualismo e della filosofia massonica nei lavori di Mucha, particolarmente evidenti nel suo libro illustrato Le Pater. Pubblicata nel 1899, quest’opera rappresentava un messaggio sul progresso del genere umano il modo in cui l’uomo può raggiungere la Verità universale che l’artista indirizzava alle generazioni future, attraverso le parole del Padre nostro e le illustrazioni ispirate al simbolismo massonico. Qui sono inoltre mostrati i pastelli espressionisti dell’artista, rimasti inediti fino alla sua morte.
Quinta sezione
Il patriota
Nel 1910 Mucha torna in patria. Fin dalla sua partenza da Ivančice trent’anni prima, la vita dell’artista era stata guidata dall’idea di lavorare per la patria utilizzando l’arte, un pensiero ricorrente che ne attraversa l’intera esistenza. Questa sezione restituisce al visitatore la dimensione patriottica di Mucha attraverso una grande varietà di lavori eseguiti per il proprio Paese, prima e dopo la sua indipendenza. Ponendo particolare attenzione all’Epopea slava, è analizzato il modo in cui l’artista arrivò alla creazione di quest’opera monumentale attraverso una grande varietà di lavori preparatori (studi di grandi e piccole dimensioni e foto documentarie e in studio).
Sesta sezione
L’artista-filosofo
Nel 1918 il sogno di Mucha si avvera perché una delle conseguenze della Prima Guerra Mondiale è la nascita della Cecoslovacchia. Da questo momento la visione dell’unità slava è estesa a tutta l’umanità e Mucha seguita ad approfondire questa tematica fino alla fine della sua esistenza. Nel descrivere Mucha come un filosofo, questa sezione analizza le opere che esprimono gli interessi umanitari dell’artista, insieme alla sua reazione alla minaccia della guerra in un mondo in rapido cambiamento.
La mostra si chiude con l’ultimo progetto di Alphonse: il trittico L’età della ragione, L’età della saggezza, L’età dell’amore, concepito come un monumento all’umanità intera. Nelle intenzioni dell’artista, questo lavoro iniziato nel 1936, quando la terribile ipotesi di una guerra si faceva sempre più concreta, doveva raffigurare Ragione, Saggezza e Amore come i tre principi chiave dell’umanità, la cui armoniosa combinazione avrebbe favorito il progresso del genere umano. Anche se Mucha non fu in grado di portare a termine il progAetto, gli studi eseguiti per questo trittico sono ancora in grado di trasmettere il suo messaggio di pace universale.