Il binomio insegnante-personal computer non è ancora un connubio. In Italia. Lo ha rivelato una ricerca condotta su un campione di circa mille insegnanti di scuole primarie e secondarie, inseriti in diversi contesti del Paese. Il risultato sembrerebbe, a prima vista, confortante, dato che ben il 67% ha dichiarato di utilizzare abitualmente un computer, ma una fetta pari al 18% ha confessato di non averlo mai acceso. A fare da mediatori nella restante parte, invece, si sono palesati i figli, che hanno svolto e svolgono un parterariato indispensabile in materia tecnologica.Insomma, nonostante il boom del social-networking e la dimestichezza nell’utilizzo delle funzioni ad esso inerenti, districarsi nell’uso del pc, resta, per molti educatori, un ostacolo. Certo è che la tecnologia è un asset importante nello svolgimento didattico attuale, ma la constatazione dell’analfabetismo digitale di una certa classe di docenti non deve portarsi dietro la voglia di trovare dei colpevoli. In fondo, la filastrocca dell’ “are-ere-ire” funziona ancora, come limpido resta il mondo della matematica dove il seno di 90° è sempre uguale a 1. La spinta al vero cambiamento dovrebbe, piuttosto, partire dal basso, da quelle generazioni che già vivono (e si troveranno a vivere) a braccetto con un mondo sempre più interconnesso e tecnologico.