Si è aggiunto un nuovo capitolo al giallo di Perugia. Dopo i tanti indizi, le ipotesi, ma soprattutto dopo le molte contraddizioni in cui sono caduti i tre giovani accusati dell’omicidio di Meredith Kercher, ora spunta un supertestimone. Si tratta di un albanese, con regolare permesso di soggiorno che vive e lavora a Perugia. L’uomo si è presentato la settimana scorsa dal pubblico ministero Giuliano Mignini che si occupa dell’omicidio della studentessa inglese assassinata la notte del primo novembre del 2007. Accompagnato da un avvocato, l’albanese ha voluto precisare: «Mi rendo conto che due mesi e passa dopo, la mia testimonianza possa apparire poco credibile. Mi creda, ho avuto paura in queste settimane e per questo non sono venuto da lei prima».Ha riferito che la sera prima della notte di Halloween verso le 20.00 ha tamponato con la sua macchina due cassonetti della spazzatura posti nei pressi della villetta degli orrori in via della Pergola. Racconta di essere sceso dall’auto per verificare i danni quando, all’improvviso, sono sbucati due ragazzi: «Erano loro, li ho riconosciuti, Raffaele e Amanda. Attaccano briga. Gridano, hanno voglia di litigare. A un certo punto la ragazza tira fuori un coltello, lo brandisce in modo aggressivo. Ho paura, faccio per correre verso la macchina quando dal nulla, dal buio, spunta un altro ragazzo. E’ un nero. E’ l’ivoriano. Sì, Rudy. No, non li conoscevo prima, li ho riconosciuti dopo quando le loro fotografie sono apparse su tutti i giornali». Il magistrato non mostra dubbi sulla genuinità della nuova testimonianza anche se molte questioni vanno chiarite. L’uomo ha affermato che in questo periodo non ha parlato perché ha temuto di essere coinvolto nell’omicidio, ma due mesi sono davvero troppi per decidere di rivelare un episodio che potrebbe portare alla verità. Inoltre, si tratta è un uomo che non mai avuto problemi con la giustizia, che ha un permesso di soggiorno ed un lavoro in regola. Perché avere paura di parlare agli inquirenti? La sua testimonianza va quindi verificata anche se molte descrizioni coincidono. L’uomo ha riferito che quella sera pioveva, ed è una circostanza che è stata subito accertata e confermata. Ha fornito la descrizione dei luoghi che combacia perfettamente con la realtà. Per il momento le sue parole vanno ad aggravare la posizione dei tre ragazzi indagati. Il racconto smentisce ciò che gli accusati hanno dichiarato in questi due mesi. Sollecito e Guede, infatti, hanno negato di conoscersi, giurando di non essersi mai visti. Non solo. Il fatto che Amanda abbia brandito un coltello dimostra che aveva dimestichezza con quell’arma, che già la sera prima del delitto la portava con sé. E invece la giovane statunitense ha sempre detto di non aver mai usato un’arma. Di fronte a queste nuove circostanze gli inquirenti stanno valutando l’eventualità che già la sera del 31 ottobre i tre fossero lì per uccidere. Ma qualcosa avrebbe fatto saltare il piano, rinviato poi alla notte seguente. Il racconto, quindi, avvalora il sospetto che il delitto di Meredith fosse stato pianificato. Potrebbe confermare l’ipotesi che si tratti di un omicidio premeditato proprio come avevano supposto i giudici del tribunale del Riesame quando avevano negato la scarcerazione ad Amanda e Raffaele.Nelle prossime settimane gli esperti consegneranno al giudice per le indagini preliminari la relazione che deve fissare l’ora e le cause della morte di Meredith. Secondo alcune indiscrezioni i periti ritengono che la ragazza sia stata uccisa verso mezzanotte e non alle 22,30 come si è ritenuto finora. A provocare il decesso, sarebbe stata l’emorragia causata dalla coltellata al collo. Questo vuol dire che Meredith è stata in agonia. Ma vuol dire soprattutto che, se fosse stata soccorsa, poteva essere salvata.