Nuovi indizi, interminabili interrogatori, ulteriori sopraluoghi, ma il giallo di Perugia resta irrisolto. Primo novembre 2007: Meredith Kercher, la studentessa inglese di 22 anni in Italia grazie al programma Erasmus, viene uccisa nel suo appartamento in via della Pergola nel centro storico di Perugia. Sono passati cinquanta giorni da quella maledetta notte e l’assassino di Meredith non ha ancora un volto e, inoltre, manca il movente di questo feroce omicidio: droga, sesso, soldi? Tutto è ancora da chiarire.I punti certi di questa vicenda sono molti, ma nessuna di queste certezze ha aiutato gli inquirenti a risolvere il mistero. È assodato che la ragazza è stata uccisa con tre coltellate alla gola, una mortale e due superficiali. È sicuro che prima di morire Meredith ha avuto un rapporto sessuale. È certo che gli indagati, tutti in carcere accusati di omicidio, sono tre: Amanda Knox, il suo ex fidanzato Raffaele Sollecito e Rudy Guede. Amanda Knox, la studentessa che condivideva l’appartamento con la vittima, tra diari, memoriali e interrogatori, ha sempre fornito versioni contrastanti. In principio, infatti, dichiarò di aver passato la notte dell’omicidio fuori casa. Durante il terzo interrogatorio, però, Amanda è caduta in contraddizione, confessando di essere stata nella casa degli orrori la notte in cui la sua amica veniva uccisa. Ha affermato di aver sentito dalla propria camera la vittima urlare, ma di non essere intervenuta e di essersi addormentata. Precedentemente la studentessa americana aveva affermato di aver passato la notte a casa del suo fidanzato, Raffele Sollecito, il quale aveva confermato la versione della ragazza. Ma ad Amanda questa confessione non piace e decide di cambiarla. Così, nel successivo interrogatorio, smentisce le parole di Raffaele. Nella mente della ragazza, quindi, ci sono tanti ricordi, ma tutto è incerto, poco nitido, confuso. Amanda ha una sola certezza: non ha ucciso lei la sua amica Meredith. Anche Raffaele Sollecito, studente universitario prossimo alla laurea, successivamente darà una versione diversa dichiarando di aver trascorso la notte del delitto da solo nella sua casa. Agli inquirenti, però, sono servite le impronte delle sue scarpe, ritrovate a casa della vittima, per sospettarne un coinvolgimento. E, come se non bastasse, a casa del ragazzo, è stato trovato un coltello sul quale sono state rinvenute tracce di Meredith e Amanda. Nel corso degli interrogatori la Knox parla anche di una terza persona, che secondo la studentessa americana, sarebbe stata nella camera della vittima durante l’omicidio. Si tratta del musicista trentasettenne di origine congolese Patrick Dija Lumumba, proprietario di un popolare locale perugino, dove sia la vittima che Amanda lavoravano. Quest’ultima dichiarò di aver dato appuntamento a Lumumba dopo il lavoro, la sera del primo novembre, e che questi avrebbe bevuto e mangiato insieme a lei e alla vittima, nella loro casa, prima di chiudersi in camera con Meredith. A conferma dell’appuntamento gl’inquirenti avrebbero trovato un sms inviato da Amanda a Lumumba alle 20.35 della notte dell’omicidio, nel quale sarebbe scritto “See you Later”, “Ci vediamo dopo” secondo la traduzione letterale degli inquirenti. Colpo di scena il 20 novembre quando, per mancanza di indizi contro Lumumba, il giudice accoglie la richiesta del pm Giuliano Mignini e firma l’istanza di scarcerazione di Patrick. Il congolese è stato scagionato anche dalla testimonianza di un uomo che ha affermato di essere stato con Patrick la sera dell’omicidio. Il giorno della scarcerazione di Lumumba è lo stesso dell’arresto del quarto uomo, contro il quale era scattato un mandato di cattura internazionale. Il suo nome è Rudy Guede, 22 anni, originario della Costa d’ Avorio. Contro di lui prove schiaccianti: il suo dna sul corpo di Meredith, l’impronta della sua mano insanguinata sul cuscino. Il ragazzo, dal carcere tedesco, continua a dichiararsi innocente, afferma di essere stato in casa della vittima la notte dell’omicidio, di essere scappato dopo aver provato a rianimare Meredith. Confessa di aver avuto un rapporto sessuale non completo con lei e parla di un ragazzo italiano che avrebbe ucciso la studentessa mentre lui era in bagno. Viene trasferito in Italia. Durante l’interrogatorio si limita a descrive l’assassino ma non fornisce un nome preciso. Amanda, Raffaele, Rudy, questi i tre ragazzi indagati. E, inoltre, bugie, incertezze, contraddizioni, molte contraddizioni, che non aiutano gli inquirenti a risolvere il giallo. Ma giudici una certezza ce l’hanno. Secondo i riscontri investigativi e scientifici del Tribunale del Riesame, la sera del primo novembre c’erano a casa di Meredith mentre la ragazza veniva uccisa. Poi “la fuga di tutti subito dopo il tragico epilogo della serata. Una partecipazione di gruppo – aggiungono i giudici – alla efferata azione criminale che non appare ipotizzabile in termini passivi per nessuno dei presenti”. Secondo gli accertamenti c’è “una relazione diretta tra i soggetti in questione e la loro presenza nella casa nel contesto della aggressione mortale a Meredith, in coerenza ad una ricostruzione fattuale che vede l’accesso di più persone in quella abitazione senza necessità di forzature e per consenso di qualcuno”.
A questo quadro, che sembra quasi essere completo, manca solo il movente. Perché Meredith è stata uccisa?