La tv come fulcro della narrazione. Non una guida, nè un saggio, ma un vero e proprio attacco al sistema mediatico, che sempre di più, si nutre delle angosce e dei timori dei nostri tempi. Nel mirino, lo stravolgimento delle notizie, il sentimentalismo disgustoso e inopportuno, la voglia di impaurire e rendere inermi, l’errore di riconoscere solo ciò che ci è familiare.Questo è “Il bambino che sognava la fine del mondo”. La pedofilia, come psicosi ricorrente: prima un adulto accusa un onorevole prelato, don Presti, di averlo molestato quando da bambino frequentava il seminario, poi alcune mamme denunciano due maestre della scuola materna Gianni Rodari di abusi nei confronti dei loro bambini, tra realtà e invenzione sarcastica. Così, Antonio Scurati, protagonista della narrazione, denuncia la nuova, implacabile seduzione del male che affligge media e fruitori. Perchè, come nei thriller, anche i salotti televisivi sono tutti improntati al gusto del cruento, ai particolari neri e macabri, creando rappresentazioni devianti di polarità spaventose. E, in parallelo, Scurati racconta in capitoli alternati in corsivo, il percorso intimo del bambino che sognava la fine del mondo, dell’io narrante la cui infanzia nasconde un segreto opprimente, dovuto a un radicale rifiuto genitoriale. Con un finale di speranza ironica:”Il Bene avrebbe avuto vita breve. La sua incerta affermazione sarebbe durata solo fino alla prossima smentita”.Dopo il fortunato “Il sopravvissuto”, vincitore Campiello 2005, Antonio Scurati, docente di linguaggi televisivi e ricercatore all’Università di Bergamo, torna con un libro che smaschera e critica i meccanismi del sistema dei media, improntati al gusto dell’orrido e alla vaccinazione da emozioni live di sangue.Il bambino che sognava la fine del mondo
Amtonio Scurati
Bompiani