C’era una volta una favola tra i capolavori italiani di tutti i tempi ma generazioni di studenti non ne hanno coscienza o provano sottili brividi lungo la schiena al solo nominarlo: l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto è tante storie, uno squarcio aperto tra avventura, guerra, amore e pazzia ma è anche un poema in canzoni di ottave di endecasillabi composto in italiano poetico e volgare del Cinquecento. Detto così la paura ne sconsiglierebbe l’acquisto ma questa particolare edizione dell’Orlando Furioso (Oscar Mondadori, Grandi Classici, Milano 1995, pp. 403, euro 9,30) ha un insegnante eccezionale, Italo Calvino.Un professore sorprendente e coinvolgente che immerge il lettore nel Cinquecento cortigiano in un viaggio a zig zag all’interno del poema dell’Ariosto, scegliendo e commentando le strofe più belle, alternandole ad un racconto appassionato e vivace. Protagonista del poema è Orlando, nipote e primo paladino di Carlo Magno che combatte per alti ideali come la religione, la patria, il sovrano e l’onore ma tutto ciò non lo preserva dalla follia d’amore per la bella Angelica. Il poema non è riproposto per intero, ma alcune parti vengono omesse per essere raccontate da Calvino stesso, che le adatta in chiave moderna per facilitarne la comprensione. I personaggi vivono passioni contrastanti, sono complessi, si muovono spinti da sentimenti terreni, dall’amore, dal fascino della bellezza, non sono dunque eroi sovrumani o invincibili. Scrive Calvino nella presentazione alla sua lettura dell’Orlando Furioso: “Occorre dire che gli eroi del “Furioso”, benché siano sempre ben riconoscibili, non sono mai dei personaggi a tutto tondo (…) ad Ariosto, che pur ha la finezza d’un pittore di miniature, è il vario movimento delle energie vitali che sta in cuore, non la corposità dei ritratti individuali. In fondo Roberto Benigni non ha inventato nulla con i suoi tour su Dante Alighieri.