Esiste una lingua italiana, perfettamente scritta, da qualche parte nell’emisfero vitale dell’uomo medio. Un mondo fatto di parole, troppo spesso dimenticate e stravolte ai limiti dell’indecenza che Beppe Severgnini riprende nel suo ultimo piacevole libro: L’italiano. Lezioni semiserie, Rizzoli, p.205, 2007, euro 17,50. Scrivere bene si può. L’importante è capire chi scrive male, e regolarsi di conseguenza ricorda il giornalista del Corriere della Sera. Questo è un libro ottimista, e ha un obiettivo dichiarato: aiutarvi a scrivere in maniera efficace (un’e-mail, una relazione, una tesi o un breve saggio: la tecnica non cambia). Il tentativo di riabilitazione è simpatico, e concede una piacevole lettura di un pomeriggio. Gli errori linguistici alla moda sono lo specchio del nostro modo ridicolo di parlare, di scrivere, di inviare una e-mail o un sms. Ogni capitolo affronta diversi abusi della lingua, dagli articoli artificiosi davanti ai nomi propri (“l’Umberto e lo Stefano”), ai sostantivi che significano poco (“dibattito a più voci”), agli aggettivi corrosivi (“mitico”), ai verbi snervanti, come ad esempio “interfacciare”, fino a quelle congiunzioni irritanti, ma assai popolari, come “piuttosto che”, oggi usato erroneamente al posto di “oppure”. Non mancano passi dedicati all’abuso di inglesismi, come ad esempio: “lo speech era low-quality e il panel s’era messo in hold per il coffe-break”, anziché dire: “il discorso era noioso, e i relatori aspettavano l’intervallo”.
Severgnini indica anche la strada della “riabilitazione”, per imparare a non cadere nei tranelli della lingua: “Sedici Semplici Suggerimenti” dell’autore che possono diventare un metodo chiaro per imparare a scrivere bene, senza troppa fatica, e divertendosi. Sempre che continuate a preferire la vostra stupidità a quella pur affascinante degli altri, come amava dire il maestro, Ennio Flaiano.