La possibilità di scegliere una carta dal mazzo e immaginare il proprio futuro. Un desiderio umano quasi quanto volare. Philip K. Dick (1928-1982) ha cercato di sfiorare il domani con un dito. E nel suo delirante genio ha coinvolto milioni di lettori.
In Italia, la casa editrice Fanucci di Roma ha acquistato l’esclusiva su tutta la sua produzione: si parte da “Tutti i racconti. 1947-1953”, (2006, pp. 608, euro 19,00) fino alla serie, ancora incompleta, dei suoi romanzi. Una gran quantità, a dire la verità, molti dei quali sono diventati spunto per film famosi (anche se troppe volte infedeli allo spirito degli scritti originali) come “Ricordiamo per voi” (Atto di forza), “Rapporto di minoranza” (Minority Report), “Impostor” (Impostori) o “Second Variety” (Screamers) e “Il cacciatore di androidi”, particolarmente importante anche per aver ispirato il celebre cult-movie Blade Runner.
Dick è oggi considerato uno dei più importanti autori di fantascienza e della narrativa americana dal secondo dopoguerra. I trentatré racconti citati sono raccolti, cronologicamente, in cinque volumi: storie sul grimmick, rivolti a risolvere l’enigma di una civiltà aliena. Il tema della guerra, una delle sue ossessioni, che risente ancora delle visioni apocalittiche con cui l’umanità ha visto chiudersi il secondo conflitto mondiale. Un’irrequieta interrogazione condita da una sorta di generale pessimismo sui temi della realtà, della storia e della società degli Stati Uniti.
Il senso di inquietudine è reso ancora più vivo dalla perizia descrittiva di Dick, dalla consapevolezza che ebbe come pochi altri autori dell’impatto dei mass media sulla vita quotidiana. L’autore sorprende per la precisione architettonica con cui inserisce ogni personaggio all’interno della fitta trama. “Come si erano adempiute le sue peggiori aspettative!”affermava ad alta voce uno dei suoi personaggi. Senza mai negare un’ammirazione per la dignità dell’uomo comune, quando sa dire di no alla prevaricazione dei potenti nei momenti cruciali, e una sotterranea fiducia nel potere salvifico dell’arte.