Roma,primi anni ’50. La guerra è ormai un brutto sogno,un incubo da dimenticare. Ma i segni , le cicatrici – più o meno profonde – sono ancora evidenti e si stagliano sul volto di una società ancora stordita da tanta cieca violenza. Lungo le strade non ci sono più le macerie accumulate. Poche auto e tantissime biciclette corrono per le vie del centro con la voglia spasmodica di ricominciare, magari tutto da capo. Nelle fabbriche, negli uffici, nei bar, nelle case si respira  una sorta di scanzonata malinconia. Si canta un po’ dappertutto. Si preferisce cantare che restare in silenzio: è un modo forse tutto italiano per dimenticare. Per rimuovere le macerie dell’anima.  È in questo contesto che si dipana l’intera vicenda de “ Nel cognome del padre”. In un appartamento del centro di Roma ormai quasi fatiscente, ma con ancora qualche piccola testimonianza di un recente passato di bellezza e prosperità, vivono faticosamente  Luisa (Lia Tanzi) – una donna stanca e piacente con le sue tre figlie Beatrice (Alessandra Pierelli), Paola (Chiara Giallonardo) e Claudia ( Livia Cascarano). Delle sorti del padre delle ragazze, un famoso attore e regista dell’epoca, nonché marito di Luisa è da più di dieci anni che non si sa più nulla. Di quest’uomo, portato via dai tedeschi verso la fine della guerra, non vi è rimasta più traccia, se non nel ricordo a volte dolce, a volte doloroso delle sue donne. Ma la vita continua.  Tutti i giorni bisogna sbarcare il lunario. A quelle tre ragazze bisogna assicurare un futuro ora quanto mai incerto e nebuloso. È così che la signora Luisa decide di inventarsi un lavoro. Quale? Il più semplice , grottesco e geniale che ci sia: la maga! D’altronde in un Italia disperata che sogna un futuro migliore, c’è spazio anche per i maghi. Fra i clienti più affezionati c’è l’ingegner  Garretto (Ninni Salerno). Un sessantenne di bell’aspetto dall’aria perennemente pensosa e lo sguardo inutilmente riflessivo. Anche lui solo, alla disperata ricerca di sua moglie.  Fra i due è inevitabile che scocchi la scintilla della passione ormonale, il desiderio ancestrale di un sesso fin troppo intorpidito dagli anni. Da quel momento è tutto un susseguirsi frenetico di situazioni tenere e grottesche, comiche e disperate, sempre in bilico sul magico filo del burlesco. Tutti ossessionati dai ricordi di un passato che non muore mai e che incombe su quelle vite attraverso una fantomatica vetrata al di la della quale ci sono i tetti di Roma, un irresistibile cielo stellato, ma anche le immagini al contempo vivide e sbiadite di un marito e di un padre difficilmente sostituibile.  Mentre un sax americano, fra le nuvole di quella vetrata, sfiora questa piccola Roma che da quella maledetta guerra forse non è ancora uscita.