Quando Marcel Proust morì, nel 1922, Cèleste Albaret, che gli era stata accanto nei suoi ultimi anni, si ritirò in silenzio rassegnandosi a tornare a una vita che, dopo quell’esperienza così straordinaria, non poteva essere che banale. Dapprima “courrière”, poi cameriera e infine governante devota e inseparabile, Céleste condivise col grande scrittore gli anni più significativi. Ore ed ore passate ad assisterlo anche nel lavoro, notti interminabili trascorse a raccogliere le sue confidenze, a sentirlo raccontare di sé e di quelli che stavano diventando i personaggi dei suoi libri. L’occasione eccezionale di raccogliere verità essenziali sul suo passato e sui suoi pensieri. E al tempo stesso di viverlo nel suo essere più quotidiano, fatto anche di piccoli capricci e di debolezze, di sublime umanità e di “inflessibile dolcezza”.Ma di tutto questo, per 50 anni, Céleste non volle parlare: preferì affidare alla memoria il suo omaggio a quell’uomo che aveva amato. A 82 anni mutò parere e decise di dare voce a quei ricordi che il tempo forse aveva contribuito a maturare.