Cosmopolis non è un film per tutti perché prima di tutto fa riflettere. L’ultima pellicola di David Cronenberg entra di diritto in quella lista di film che segnano un’epoca in quanto capaci di trattare il presente in modo spietato e cinico ponendo interrogativi profondi sul futuro. Il merito va, oltre che al regista, anche a Don DeLillo, il profetico autore dell’omonimo romanzo da cui il film è tratto. Dialoghi brillanti e perfetti che Cronenberg, autore anche della sceneggiatura, non ha dovuto fare altro che trascrivere dal libro al computer e successivamente riempire i vuoti tra questi. Un’operazione che il regista ha ammesso di aver compiuto in soli sei giorni.Cosmopolis racconta una giornata di Eric Packer, un golden boy dell’alta finanza che decide di attraversare una Manhattan congestionata dall’arrivo del Presidente degli Stati Uniti, da una protesta anticapitalista e dai funerali di una star, solo per farsi tagliare i capelli dal suo barbiere. In questo viaggio all’interno della sua lussuosa e ovattata limousine (con tanto di trono), Eric incontrerà uomini e donne che segneranno le varie tappe del suo tracollo. Interpretando Eric Parcker, Robert Pattinson finalmente esce dal ruolo che l’ha reso celebre (ovvero il vampiro Edward di Twilight). Diretto da un maestro del cinema, l’idolo delle teenager ci regala una delle sue migliori interpretazioni facendo ricredere coloro che lo considerano un attore inespressivo. Protagonista in ogni scena del film, Pattinson è affiancato da grandi attori come Juliette Binoche, Mathieu Amalric, Samantha Morton e Paul Giamatti.David Cronenberg ancora una volta stupisce i suoi fan raccontando in modo non convenzionale una storia ricca di sottotesti. La chiave di lettura di quest’opera è tutta racchiusa nei suoi dialoghi che sfiorano l’assurdo (sembra di assistere ad una commedia di Beckett). Il denaro, la crisi con la “c” maiuscola, la rivoluzione e il futuro sono solo alcuni degli argomenti trattati. Ma Cosmopolis è soprattutto un film sul tempo. Cronenberg è riuscito a manipolare sul grande schermo la componente tempo a tal punto che alla fine della proiezione vi sembrerà di aver assistito non ad un giorno ma all’intera vita del protagonista. C’è tanto Proust in questo film (non a caso lo stesso DeLillo definisce la limousine “proustata”) e così il tempo non è più quello scandito dalle lancette dell’orologio ma è un tempo sospeso, ciclico e interiorizzato. Non limitato al presente, il tempo è sia “il tempo ritrovato” (l’incontro con il barbiere) che “il tempo negato” (l’incontro finale con Benno Levin). Da vedere e rivedere!