E’ nelle sale La fine è il mio inizio, pellicola tratta dall’omonimo romanzo-testamento del giornalista Tiziano Terzani. Jo Baier ne firma la regia mentre Folco Terzani (figlio di Tiziano) e Ulrich Limmer sono gli autori della sceneggiatura. Tre i punti principali che questo film, denso di dialoghi e privo di flashback, trasporta dalla pagina allo schermo: il legame padre-figlio, la riflessione sulla morte e il messaggio che se un uomo può cambiare se stesso allora può cambiare anche il mondo. Sia Baier che Limmer avevano in mente un solo interprete capace di far rivivere sullo schermo Tiziano Terzani: Bruno Ganz. Ad affiancarlo, nel ruolo del figlio Folco, Elio Germano. La fine è il mio inizio ruota attorno a questi due protagonisti, al loro complicato ma intenso rapporto. Ritiratosi con la moglie in un ameno casolare in Toscana, Tiziano è pronto a chiudere il cerchio della propria vita. Prima però chiede al figlio Folco di raggiungerlo per potersi raccontare. Attraverso la magistrale interpretazione-narrazione di Ganz, lo spettatore ripercorre le principali tappe della vita di Terzani: l’infanzia, i tre decenni trascorsi come corrispondente dall’Asia per Corriere della Sera e Repubblica, la fine del “sogno comunista”, la malattia, l’isolamento spirituale sull’Himalaya alla ricerca del proprio “essere cosmico”. In realtà il racconto che Tiziano espone al figlio è soprattutto un dono, una spinta per quest’ultimo all’azione e al cambiamento, al credere in se stessi e al non avere paura di sbagliare. Un messaggio valido per chiunque.La fine è il mio inizio è un film intenso che non cade mai nel drammatico ma emoziona e coinvolge lo spettatore dall’inizio alla fine. Il merito va alla credibile interpretazione (anche nelle sembianze) di Bruno Ganz, alle musiche di Ludovico Einaudi e alla scelta dei romantici e “pittoreschi” scenari: le nuvole che celano l’orizzonte e avvolgono le montagne sembrano uscite da un quadro di Alexander Cozens mentre le scene in cui Tiziano e Folco scalano la montagna appaiono come la trasposizione cinematografica del quadro Il viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich. Purtroppo a Jo Baier diamo solo la sufficienza, infatti a fine proiezione un quesito ci ha attanagliato: quanto sarebbe stato più sublime questo film se a dirigerlo fosse stato Werner Herzog, maestro nel rapporto uomo-natura?