Dedicato a chi non vuole solo ridere. In un week-end con soltanto quattro pellicole in uscita, vi proponiamo gli unici due film meritoveli di essere visti: Biutiful (non è un refuso ma si scrive proprio così) di Alejandro Gonzalez Inarritu e Another Year di Mike Leigh. Entrambe presentate allo scorso Festival di Cannes (Biutiful è valsa la Palma d’Oro come Miglior Attore al protagonista e neo papà Javier Bardem), queste due pellicole possono essere definite, in gergo confidenziale, “belle toste”.In Another Year, scritto e diretto da Mike Leigh (La felicità porta fortuna, Il segreto di Vera Drake, Segreti e bugie), protagonista è lo scorrere del tempo. Portando sullo schermo la fluidità epica del romanzo, la pellicola abbraccia un’intero anno. Il sesseguirsi delle stagioni scandisce il tempo che passa, inghiottisce e conduce inesorabilmente verso la morte. Stagioni che, ovviamente, possiamo interpretare come le stagioni della vita. Si comincia con la primavera per concludere con l’inverno. Conosciamo, così, i due protagonisti: una simpatica coppia di coniugi dall’altrettanto buffo nome, ovvero Tom (Jim Broadbent) e Jerry (Lesley Manville). Lei psicologa, lui geologo, possono essere considerati una “coppia perfetta”. Simbolo di questa unione, la passione che i due ripongono nella cura del loro orto. Un drappo di terreno che materializza il proverbio “chi semina raccoglie”. Infatti la casa di Tom e Jerry è un “porto” in cui approdano in cerca di rifugio i loro amici, barche nella tempesta. C’è Mary, una donna “matura” la cui vita sentimentale è un disastro (tale da provarci addirittura con Joe, il trentenne figlio di Gerri e Tom). Desiderosa di emancipazione e di voler celare i segni del tempo, sconfitta ricorre spesso all’alcol. Poi c’è Ken, un uomo alla soglia del pensionamento che conduce un’esistenza accompagnato dalla solitudine e dal rimorso. Senza speranze per il futuro, le sue uniche distrazioni sono il cibo e l’alcol. In due ore, questa la durata del film, il regista presenta i personaggi di quella che potremmo definire un commedia che lascia pochi spiragli all’ottimismo, e se ci sono li cela bene. I vari personaggi, in una sorta di centrifuga di dialoghi, sono incastrati nella loro quotidianeità. E come dice Gerri : “La vita non è generosa con tutti”,  così noi aggiungiamo: “I nodi vengono sempre al pettine”. Con queste due massime sintetizziamo all’estremo il film. Riconosciamo a Mike Leigh (candidato all’Oscar 2011 per la Miglior sceneggiatura originale) di essere riuscito a cogliere ciò che c’è di universale in uno spaccato di vita qualunque dove la famiglia, l’amicizia, l’amore, la nascita e la morte più che mai sono sinonimo di esistenza. Bella o brutta che essa sia.  Restando in tema di morte e “caduta libera”, parliamo di Biutiful. Alejandro Gonzalez Inarritu firma la regia e la sceneggiatura di questo “tragica” pellicola (nominata all’Oscar 2011 come Miglior film straniero). Dopo 21 grammi e Babel, il regista messicano racconta per la prima volta “una storia lineare imperniata su un unico personaggio”. Soprattutto compie questa nuova operazione a Barcellona e nella sua lingua, lo spagnolo. Protagonista assoluto un grandissimo Javier Bardem (candidato all’Oscar 2011 come Miglior attore protagonista) capace di confrontarsi con un personaggio complesso e pieno di contraddizioni. Dopo un matrimonio fallimentare con una donna mentalmente instabile, Uxbal si ritrova a dover crescere i due figli da solo. In una Barcellona buia, piovosa e poco solare, si svelano agli occhi dello spettatore storie di “ordinaria clandestinità” e di sfruttamento. Infatti il protagonista, oltre ad avere il dono di comunicare con i morti e di guidarli verso la luce, cerca di “aiutare” illegalmente immigrati cinesi e africani. Come lo definisce lo stesso Inarritu, Uxbal è “un uomo primitivo, semplice, misero, con un profondo contatto con il soprannaturale.” La strada è il suo ufficio. Si arrangia come può, ma a sconvolgere ancora di più la sua esistenza è la scoperta di un male incurabile che gli lascia ben poco da vivere. Inizia così il percorso di redenzione di un uomo e un padre da tempo in caduta libera. Bardem crea un personaggio che potremmo definire un moderno eroe tragico, la cui volontà lotta contro un implacabile destino. Le sue colpe permettono a noi spettatori di non immedesimarci nella sua storia. Attraverso la pietà che proviamo per lui allontaniamo da noi lo spettro della sofferenza, del dolore di una vita immorale. Una vita in cui purificazione fa rima con morte.