I fans di Jean Reno (Nikita, Leon) non possono perdere L’immortale di Richard Berry, pellicola tratta dall’omonimo romanzo, ispirato a fatti realmente accaduti, di Franz-Olivier Giesbert. Charli Mattei, ex-boos della mafia marsigliese, da tre anni ha deciso di ritirarsi e di redimersi svolgendo una vita tranquilla con la moglie e i figli. Le prime sequenze del film, sulle note del brano E lucevan le stelle della Tosca di Giacomo Puccini, resteranno impresse nella mente dello spettatore. Mattei, dopo aver posteggiato la sua auto nel Vecchio porto di Marsiglia, viene crivellato da una scarica di proiettili. Otto uomini, con il volto coperto, lo colpiscono con ben 22 pallottole e lo lasciano in un lago di sangue credendolo morto. Mattei sopravvive e ciò gli varrà il soprannome di Immortale. La pellicola, che coinvolge dall’inzio alla fine, è incentrata sulla ricerca da parte di Mattei degli esecutori e del mandatario della sua esecuzione. Tra inseguimenti, sparatorie ed esecuzioni si incrocieranno con onore, tradimento e vendetta . Per gli estimatori dell’autore francese Francois Ozon (Ricky, Il rifugio) esce nelle sale Potiche – La bella statuina. La pellicola, in concorso al Festival del Cinema di Venezia 2010, è ambientata a Saint-Gudule nella Francia del nord. Siamo nel 1977 e Suzanne (Catherine Deneuve) è la classica moglie tutta casa e famiglia (una potiche ovvero una bella statuina) sottomessa al ricco e fedigrafo industriale Robert Pujol (Fabrice Luchini). A seguito di uno sciopero e al malore del marito, Suzanne si ritrova a dirigere l’azienda di famiglia riportandola in positivo e guadagnandosi la stima dei dipendenti. Non solo, rincontra anche il suo vecchio amore giovanile Babin (Gérard Depardieu) ora deputato del partito comunista. Ma quando Robert torna a casa per riprendere le redini del potere la situazione si complica…Potiche è l’adattamento dell’omonima pièce teatrale di Barillet e Grédy. Incentrata sul ruolo della donna nella società e nella politica, la pellicola ricorda certe screwball comedies degli anni trenta senza scivolare in una raffigurazione nostalgica e stereotipata delgli anni ’70.Restiamo in tema Gérard Depardieu in quanto la pellicola Mammuth, in concorso al 60° Festival del Cinema di Berlino, si può considerare incentrata sull’attore francese. I registi e sceneggiatori Benoit Delépine e Gustave Kevern (Louise-Michel) confezionano questa pellicola divertente e commovente allo stesso tempo che vede protagonista (con la P maiuscola) Mammuth, un operaio che alla soglia del pensionamento, scopre che alcuni dei suoi vecchi datori di lavoro non hanno versato i contributi necessari. Incoraggiato dalla moglie (Yolande Moreau), Mammuth sale in sella alla sua vecchia motocicletta per andare a far visita ai suoi “sbadati” datori di lavoro. Ha inizio così un originalissimo road movie (per quanto riguarda la fotografia e le scelte registiche) che conduce il protagonista nei luoghi della sua giovinezza alla ricerca della propria poesia interiore. In quella che potremmo definire un’Odissea al contrario di un “Ulisse stolto”, di un uomo “socialmente disabile”, Mammuth è accompagnato dalle apparizioni di Yasmine, il suo primo amore morto in un drammatico incidente di moto. “Volevamo che il personaggio principale apparisse allo stesso tempo forte e perduto, impressionante e tenero.” Proseguono gli autori: “Il film è stato scritto per Gérard Depardieu.”