Quella che doveva limitarsi – con la retrospettiva di Venezia del 2008 Questi fantasmi: cinema italiano ritrovato (1946-1975) – a essere una prima incursione nei sotterranei del nostro cinema, ha assunto la forma di una vera e propria campagna di scavi archeologici, alla ricerca non tanto di singoli capolavori nascosti, quanto piuttosto degli elementi per disegnare più esattamente la mappa di una delle più grandi cinematografie del mondo.Questi fantasmi 2, curata da Sergio Toffetti, prevede la proiezione di una trentina di opere tra gli anni ’40 agli anni ’80. Testimoni eccellenti (registi, attori, sceneggiatori) “scorteranno” a Venezia i film della retrospettiva e per alcuni film sarà prevista la presentazione in sala a cura di Goffredo Fofi e Paolo Mereghetti.“Se lo scorso anno si è provato a raccontare una storia parallela rispetto a quella che ci hanno sempre raccontato – spiega Sergio Toffetti – proponendo un cinema che non aveva avuto il Neorealismo, ma aveva inventato la Nouvelle Vague, Questi fantasmi 2 cambia nuovamente rotta, a dimostrazione della ricchezza del cinema italiano. Le nuove prospezioni archeologiche rivelano infatti un panorama ancora più mosso e frastagliato, articolato provvisoriamente in alcune “regioni”:-  film “eccentrici”. Tra la consapevole compostezza del cinema d’autore e l’inconsapevole sciatteria spesso tipica dei generi, emergono a tratti eccentricità rivendicate, film eccessivi non solo per le storie che raccontano, ma anche sul piano del visivo, che derivano il loro fascino dall’essere in se stessi la loro parodia, come ad esempio da Cenerentola e il Signor Bonaventura di Sergio Tofano (1941) a Temporale Rosy di Mario Monicelli (1980).- film “per il popolo”. Se il canone neorealista ha proposto sostanzialmente film “sul popolo”, negli stessi anni vengono realizzati veri e propri film “per il popolo” sul doppio registro della farsa o del melodramma sociale, per raccontare in diretta il pianto e il riso quotidiani, cronache senza ambizione di passare alla storia, e dunque capaci talvolta di guardare le contraddizioni senza il filtro dell’ideologia. Vere e proprie riscoperte, sia sul piano storiografico che spettacolare sono film come Uno tra la folla (1946), eroicomica ricostruzione del passaggio tra la Repubblica di Salò e la Liberazione, con Eduardo De Filippo e Carlo Campanini, messa in scena da Ennio Cerlesi e Piero Tellini (noto come grande sceneggiatore di film come Quattro passi tra le nuvole o Cronaca di un amore), ma da riscoprire anche come regista. Oppure Donne senza nome (1950) di Geza von Radvany, fratello del celebre scrittore ungherese Sandor Marai, girato nel 1950 e ambientato – come l’inizio di Stromboli di Rossellini – in un campo di internamento femminile per apolidi.- film “delle dive”. Quando François Truffaut definisce il cinema “l’arte di far fare delle belle cose a delle belle donne”, aveva forse in mente anche il cinema italiano, che ha avuto uno star system al femminile unico al mondo, creato da grandi produttori che hanno offerto a grandi registi la possibilità di portare sullo schermo grandi dive: da Silvana Pampanini in Noi cannibali di Leonviola (1953), a Rossana Podestà in Le ore nude di Marco Vicario (1964), da Giovanna Ralli in Carmen di Trastevere di Gallone (1963), a Claudia Cardinale in La viaccia di Mauro Bolognini (1961).Inoltre, continuerà la riproposizione di “classici dimenticati” come La ragazza in vetrina di Luciano Emmer (1961), La fiamma che non si spegne di Vittorio Cottafavi (1949), Nella città l’inferno di Renato Castellani (1959; e la “scoperta” di film d’autore della “nouvelle vague all’italiana”, come Morte di un amico di Franco Rossi (1959), con la collaborazione alla sceneggiatura di Pasolini, Un eroe del nostro tempo (1960) di Sergio Capogna. Mentre, nei 50 anni della Dolce vita, si è scelto di riproporre un “Fellini dimenticato”, il fratello di Federico, Riccardo Fellini, con il suo film Storie sulla sabbia (1963). 66 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Lido di Venezia dal 2 al 12 settembre