A 21 anni dal suo ultimo dramma in costume, Le Relazioni pericolose, Stephen Frears torna agli intrighi merlettati dei ricchi d’altri tempi. Chéri, che uscirà nelle sale italiane il 28 agosto, è l’adattamento cinematografico del celebre romanzo di Sidonie Gabrielle Colette (1873 – 1954): la storia dell’infelice relazione tra Léa de Lonval, una delle cortigiane più famose dell’Europa liberty di inizio Novecento e Chéri, figlio di una vecchia collega e rivale. Per questa sua seconda incursione nel romanzesco d’antan, il regista dell’acclamato The Queen (2007, premio Oscar a Helen Mirren come miglior attrice) ha chiamato a raccolta un cast di prim’ordine: Michelle Pfeiffer, già interprete de Le Relazioni pericolose, è Léa, donna di grande fascino e bellezza tormentata dagli anni che passano; Kathy Bates, l’indimenticata infermiera psicotica di Misery non deve morire, è Madame Peloux, chiassosa, gretta parvenu che dapprima incoraggia la relazione di Léa con Chéri e poi non esita a troncarla per sposare il figlio alla ricca e giovane Edmée (Felicity Jones). Rupert Friend, il Mr. Wickham del recente Orgoglio e pregiudizio firmato Joe Wright, è la stella maschile del cast, l’incarnazione del perfetto dandy parigino: immaturo, indolente, passionale. La storia con Léa, nata distrattamente come iniziazione all’amore e al galateo, si protrarrà per sei anni, insegnando al giovane rampollo la forza distruttiva del sentimento, la durezza delle responsabilità e delle scelte. “Stephen è perfetto per realizzare la trasposizione del romanzo di Colette – ha detto Friend – in quanto entrambi hanno un’incredibile arguzia e un amore per l’umorismo senza eccessi. Sono entrambi alla ricerca di una prospettiva ironica”. Il film di Frears è in effetti un dramma sui generis: leggero e salace, denso del più puro umorismo inglese, non ha la lentezza e la ridondanza delle love story in costume. Ricalca lo stile di Colette, artista dalla penna svelta e colorita. “È una storia bella, vecchio stile – ha commentato il regista – frivola ma anche tragica e malinconica, carica di significato. Questo perché Colette era una scrittrice superba. Un’impressionista”. E ha aggiunto: “È il film più estremo che abbia mai fatto e la storia più originale su due personaggi che vivono in un sogno”.